"Un'occlusione di un bypass aortocoronarico", un problema all'innesto chirurgico che ha limitato il flusso del sangue al cuore provocando un infarto. Questo il primo esito della consulenza medica disposta dalla procura di Roma sul cuore di Pino Daniele, morto lo scorso 4 gennaio all'ospedale Sant'Eugenio di Roma al termine di una corsa in auto a folle velocità da Grosseto alla capitale.
Sono risultati che fanno sorgere ulteriori dubbi e "rimorsi" su quella drammatica notte: gli inquirenti ipotizzano che un soccorso più veloce avrebbe potuto salvare la vita del cantautore. Il sospetto, quindi, è che se fosse stata fatta una diagnosi tempestiva, e si fosse intervenuti in un centro medico più vicino alla sua villa in Maremma, forse si sarebbe scongiurata la morte.
Poco prima di partire in direzione Roma insieme alla sua compagna, Amanda Bonini, in casa Daniele erano stati chiamati i soccorsi: i paramedici dell'ambulanza, però, non visitarono mai l'artista perché l'auto con a bordo il cantante partì prima del loro arrivo. Intanto l'inchiesta per omicidio colposo resta senza indagati. Gli esami tossicologici di routine condotti dai tre consulenti incaricati, i medici legali dell'università La Sapienza di Roma Vittorio Fineschi e Giorgio Bolino e il cardiologo dell'ateneo di Perugia Giuseppe Ambrosio, non hanno riscontrato la presenza di tracce di sostanze stupefacenti nei tessuti dell'uomo.