"La stessa foto di Toto Cutugno ogni giorno" è una pagina Facebook abbastanza nota in Italia. Nulla di particolare, ogni giorno l'autore mette la stessa identica immagine d'annata del cantante. Un'idea non originale che però, rispetto alle altre, ha un successo enorme: oltre 45mila like.
"Everyday the Same Picture: Popularity and Content Diversity" è il titolo di una pubblicazione sul caso della pagina dedicata alla foto di Cutugno e messa a disposizione della Cornell University. Quello che gli studiosi volevano capire è come l'algoritmo di Facebook possa essere utilizzato per creare o meno il successo di una pagina. Le interazioni sono fondamentali e quindi la pubblicazioni di contenuti di diverso tipo possono spingere un pubblico eterogeneo a commentare, condividere o semplicemente mettere un like.
Ogni interazione aumenta la probabilità che il contenuto possa essere visto da una quantità superiore di persone. E però, arriva Toto Cutugno a scombinare le carte in tavola. La pagina "La stessa foto di Toto Cutugno ogni giorno" ha un successo enorme rispetto a fanpage simili (va infatti ricordato che la prima pagina che inventò questo giochino è quella dedicata al comico americano Dave Coulier). Per questo gli otto ricercatori hanno preso Toto Cutugno come pietra di paragone per il loro studio. E' vero i like a quella foto anni 80 non mancano mai, nemmeno i commenti, ma la crescita esponenziale dei "mi piace" può essere ricondotta al solo successo del cantante?
Qui sorge il dubbio: i curatori della pagina potrebbero anche aver trovato il modo di beffare il segretissimo algoritmo che regola il mondo creato da Mark Zuckerberg. Se ciò fosse vero, sarebbe un grave danno per il colosso americano. Ad aggiungere un po' di esoterismo alla notizia arriva anche il nome della pagina Fb che si estrapola dalla url: totocutugno666. Con quel numero satanico già noto ai più. Detto questo, a noi, romantici italiani cresciuti con le note de "L'italiano" del Toto nazionale preferiamo credere che il successo sia tutto originale.
Parla uno degli autori dello studio sulla pagina Facebook
Walter Quattrociocchi, professore dell'IMT di Lucca e coautore dello studio: "Non si tratta di uno studio della Cornell University, ma di un deposito dove le bozze degli articoli vengono messe a disposizione della comunità scientifica per ricevere feedback—non è la Cornell che se ne è interessata. Due, nell'articolo si parla di cracking del codice di Facebook, di aver creato danni al newsfeed di Facebook, il che non è assolutamente vero".