dopo le dichiarazioni di un pentito

Caso Maiorana, Rossella Accardo: "Le parole del pentito Galatolo aprono via alla verità"

La madre di Stefano ed ex moglie dell'imprenditore Antonio ha interrotto lo sciopero della parola iniziato quando il gip aveva chiuso il fascicolo

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Rossella Accardo è ancora sotto shock per quanto ha fatto intendere il collaboratore di giustizia Vito Galatolo ai magistrati di Palermo: il suo ex marito Antonio e suo figlio Stefano Maiorana non scomparvero volontariamente il 3 agosto 2007, ma furono uccisi dalla mafia. Lo scorso ottobre il gip aveva archiviato l'indagine sui due imprenditori, ma Rossella non ha mai accettato che la verità rimanesse nascosta. A Tgcom24 racconta che cosa significa per lei questa svolta inattesa e brutale allo stesso tempo.

Come ha reagito alle rivelazioni fatte dal pentito Galatolo?
La mia perseveranza nel chiedere che l'inchiesta fosse riaperta ha prodotto un risultato e da questo punto di vista mi sento un po' liberata, ma per un altro verso questo epilogo mi lascia attonita. Mi chiedo perché tanti passaggi dell'indagine siano stati sottovalutati, per esempio i riscontri forniti dalle celle telefoniche. Il mio perito ha sempre detto di rivedere l'analisi di questo elemento che avrebbe fatto capire prima che mio figlio e mio marito non si erano mai allontanati dal cantiere di Isola delle Femmine dove sono stati visti vivi per l'ultima volta. Se fossero scappati non avrebbero lasciato lo zaino con gli effetti personali o le chiavi inserite nel cruscotto dell'auto. Non ho mai creduto all'ipotesi di un loro allontanamento volontario.

Quali conseguenze hanno le parole di Galotolo rispetto al caso Maiorana?
Ieri ho interrotto lo sciopero della parola che portavo avanti dal 2 novembre 2014 per chiedere la riapertura del fascicolo. Ho messo fine pure al regime di pane e acqua che avevo scelto dal 6 di gennaio, anniversario della morte di Marco, il mio secondogenito morto in circostanze misteriose probabilmente perché era l'unico a conoscere la verità sulla scomparsa del padre Antonio e del fratello Stefano. Ho scelto di non parlare perché speravo che il mio silenzio indignasse chi mi stava vicino al punto da urlare per conto mio. Di fatto mi sono data da sola il 41 bis: pane, acqua e silenzio. Mi meritavo tutto questo? Sono forse io la delinquente da punire? No, ma per i miei figli mi sembrava un sacrificio necessario. La non violenza è la mia cultura per cui ho scelto questa strategia per ottenere giustizia. Ho messo la ragione davanti a tutto e portato avanti le mie richieste con determinazione massima.

Come ha appreso delle rivelazioni del collaboratore di giustizia Vito Galatolo?
Ho letto la notizia dai giornali, dopo che il mio avvocato mi ha avvisata, e ho avuto un crollo. Il mio peggior timore si è avverato mercoledì mattina. La settimana scorsa ero stata in Procura per chiedere un appuntamento al nuovo procuratore Francesco Lo Voi che si è dimostrato estremamente disponibile: quando ha saputo che lo avevo atteso per ore in corridoio, è venuto ad abbracciarmi e mi ha promesso un nuovo incontro durante il quale consegnargli una mia memoria con una sintesi del caso. Inizialmente voleva fissarlo per febbraio ma quando ha visto sulla mia faccia la disperazione per la prospettiva di rimanere un altro mese senza poter parlare e quasi a digiuno, mi ha detto di tornare in tribunale mercoledì 21, il giorno in cui "Repubblica Palermo" ha pubblicato l'articolo su Galatolo. Lo Voi però, non ha fatto alcun accenno alle novità che probabilmente conosceva già.

La testimonianza di Galatolo conferma la sua ipotesi circa la sparizione di Antonio e Stefano e cioè che siano stati uccisi dalla lupara bianca?
Ho saputo dal mio avvocato che nei fatti Galatolo ha prestato al momento solo dichiarazioni orali non confluite in un verbale vero e proprio. Non so come "Repubblica Palermo" sia venuta a conoscenza di tali dichiarazioni prima che ci fosse un verbale e francamente non mi interessa: per me hanno comunque il valore di una notizia bomba. Ho potuto riprendere la parola perché il mio legale mi ha rassicurata che l'indagine sarà riaperta e avrà un'impostazione molto più vicina a quello che è la nostra ipotesi. L'elemento importante sottolineato dal pentito è che tutto si è svolto nel cantiere di Isola delle Femmine. Quello che io sostengo da tempo: ci fu un diverbio che iniziò nell'ufficio prefabbricato. Qualcuno vide Antonio e Stefano portati fuori con la forza da quell'ufficio fino all'auto che li ha condotti nell'ex mangimificio abbandonato dove presumibilmente sono stati uccisi e poi seppelliti sotto una cabina dell'Enel. Si è svolto tutto lì: magari un semplice pestaggio è andato oltre fino alla tragedia finale.

A quanto le risulta, l'assassino di Stefano e Antonio ha ora un nome e cognome?
Pare che Vito Galatolo abbia fatto un nome coperto però, da segreto istruttorio: sarebbe un imprenditore facoltoso. Imprenditore a cui, aggiungo io, il mio ex marito avrebbe ripetutamente pestato i piedi. Stefano invece, sarebbe stato tolto di mezzo in quanto testimone scomodo dell'omicidio.

Sul suicidio di Marco ci sono novità?
Ritengo che verrà aperto un nuovo capitolo anche sul presunto suicidio di Marco che da sempre considero collegato alla scomparsa di Antonio e Stefano.