La soluzione al caso di Serena Mollicone potrebbe essere molto vicina. Le buste in plastica che coprivano la testa della 18enne trovata uccisa ad Arce (Frosinone), nel 2001, sono state esaminate con le più recenti tecniche investigative e potrebbero essere emerse nuove importanti prove. E' stata anche interrogata una persona "informata dei fatti", che al momento non risulterebbe indagata.
Sono passati quasi 14 anni da quel 1° giugno del 2001 quando la diciottenne Serena Mollicone residente ad Arce fu trovata morta a due giorni dalla sua scomparsa. Venne accertato che morì per asfissia dopo essere stata imbavagliata, legata con il fil di ferro e abbandonata in un bosco.
Dieci anni di indagini che hanno visto un indagato, poi uscito di scena, il suicidio di un carabiniere e soprattutto la tenacia del padre nel volere che gli inquirenti trovassero il responsabile o i responsabili di quella morte.
Sin dall'inizio le indagini si rivelarono subito difficili tanto che dopo un anno l'omicidio della ragazza di Arce era ancora rubricato con autori ignoti. La prima svolta venne un anno dopo: il 24 settembre 2002 la procura di Cassino iscrisse nel registro degli indagati il carrozziere di Rocca d'Arce Carmine Belli, all'epoca 38enne.
A far sospettare di Belli fu un bigliettino sul quale era annotato un appuntamento con la studentessa. Però le impronte trovate sul nastro adesivo bianco utilizzato per legare mani e piedi di Serena non corrispondevano alle sue, anche se lo scotch era compatibile con nastro adesivo trovato nella carrozzeria dell'uomo. Compatibili anche le buste di plastica trovate in casa di Belli con quella utilizzata per avvolgere la testa di Serena.
Il carrozziere andò a giudizio davanti alla Corte d'assise di Cassino il 14 gennaio 2004. Il processo durò sette mesi: nel luglio 2004 la Corte d'assise lo assolse. Il 31 gennaio 2006 la Corte d'assise d'appello confermò l'assoluzione per Belli e la Cassazione, nell'ottobre 2006, ribadì l'estraneità del carrozziere al delitto avvenuto cinque anni prima.
Le indagini ripartirono di nuovo. Ma nell'aprile 2008 ci fu il primo colpo di scena: Santino Tuzzi, di 50 anni, il brigadiere dei carabinieri ascoltato come persona informata dei fatti sulla morte di Serena si suicidò, sparandosi al petto con la Beretta d'ordinanza.
Un suicidio che ha sempre destato sospetti, soprattutto da parte della figlia del carabiniere: "Penso che mio padre durante le indagini ha assistito a qualcosa, ha saputo qualcosa, e gli è stato detto di non rivelare niente. Mio padre non è riuscito a tenersi tutto dentro, e ha deciso forse di chiudere la sua vita in questo modo".
Un suicidio che però, ha dato un nuovo impulso alla indagini perché come ha sempre detto il padre della vittima Guglielmo Mollicone "questo omicidio non poteva essere archiviato".