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Carabiniere ucciso a Roma, collega di Cerciello: "Mostrammo distintivo"

Il processo vede imputati per concorso in omicidio Finnegan Lee Elder e Gabriele Natale Hjorth

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"Ci qualificammo con la placca in mano, eravamo a 3-4 metri di distanza da loro. Poi l'abbiamo riposta in tasca per essere a mani libere". Lo ha affermato Andrea Varriale, il carabiniere che era di turno con Mario Cerciello quando il vicebrigadiere è stato ucciso la notte del 26 luglio 2019 a Roma. Il militare ha risposto alle domande delle difese nel corso del processo che vede imputati per concorso in omicidio Finnegan Lee Elder e Gabriele Natale Hjorth. 

Rispondendo alle domande delle difese, il teste è tornato sulla questione della pistola. "Non portare l'arma quella sera è stata una decisione esclusivamente mia, una mia responsabilità" per poi aggiungere che nel turno precedente, svolto in zona Termini, aveva portato l'arma di ordinanza. "In quella zona, che ritengo molto pericolosa, avevamo la pistola con noi - ha detto Varriale -. Sulle armi c'è una circolare interna dell'Arma che prevede che la pistola vada portata addosso e non in borselli".

Legali maresciallo Armao: "Nessuno accordo con Varriale"In merito a notizie di stampa, si precisa che il maresciallo Gaetano Armao non ha partecipato ad alcun accordo nella vicenda del vicebrigadiere Mario Cerciello Rega. La sua condotta e' stata sempre rispettosa della legge. Tuteleremo l'immagine del nostro assistito, che è a disposizione dell'autorità giudiziaria, nella competente sede". Lo affermano in una nota gli avvocati Mariano e Benedetto Marzocchi Buratti, legali del carabiniere Armao in riferimento al messaggio ("Sull'ordine di servizio non parlare con nessuno")  letto in aula da uno dei difensori di Finnegan Elder, che il maresciallo avrebbe inviato il 28 luglio scorso al carabiniere Andrea Varriale, collega di pattuglia di Cerciello la notte del 26 luglio, prima che il militare venisse chiamato dai superiori a riferire su quanto avvenuto. 

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