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Tigri, panda e altre 440 specie animali a rischio estinzione entro il 2050

Lo rivela uno studio dell'Università di Roma "La Sapienza": l'unica via di salvezza è il "Consumption Change", uno "scenario alternativo" nel quale l'uomo riduce emissioni di CO2 e deforestazione

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Se l'uomo non cambierà presto l'attuale modello di sviluppo socio-economico, le tigri, i panda, i rinoceronti e altre 440 specie animali potrebbero estinguersi entro il 2050. A rivelarlo è uno studio condotto dai ricercatori dell'Università "La Sapienza" di Roma e pubblicato sulla rivista Conservation Letters. Il nemico principale è incarnato dai tassi sempre crescenti delle emissioni di CO2 e delle pratiche di deforestazione.

Tigri, panda e altre 440 specie animali a rischio estinzione entro il 2050

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La speranza del "Consumption Change" - Senza una convinta inversione di tendenza dell'attuale modello di sviluppo socio-economico, rischierà l'estinzione una specie su quattro di carnivori e ungulati. E il tutto entro appena 35 anni. Un disastro ambientale che però può essere evitato con quello che i ricercatori hanno definito Consumption Change: uno scenario "alternativo" che stabilisce i livelli di consumo di risorse necessari a raggiungere una serie di obiettivi finali, mediante l'uso di modelli socio-economici, biofisici ed ecologici.

Piero Visconti, ricercatore affiliato presso La Sapienza e il Microsoft Research di Cambridge, ha spiegato: "Abbiamo scoperto che uno scenario alternativo esiste ed è in grado di eradicare fame e povertà e di migliorare il benessere umano in generale, raggiungendo al contempo un miglioramento dello stato di conservazione della biodiversità".

Uno stile di vita più sostenibile - Sono diversi gli ambiti su cui operare, a cominciare dall'accesso alle risorse alimentari, energetiche e idriche da parte delle fasce più povere della popolazione umana, che dovrà aumentare fino a raggiungere i cosiddetti "Millennium Development Goals", gli "obiettivi per lo sviluppo" stabiliti delle Nazioni Unite. Si passerà poi al contenimento della produzione di scarti agricoli post-produttivi e all'adozione di una dieta più salutare, associata a un minor consumo di carne. Il tutto al fine di ridurre i consumi e le emissioni pro-capite nei Paesi sviluppati. Lo studio evidenzia inoltre che l'aumento della domanda di prodotti agricoli potrà essere soddisfatta senza espandere le coltivazioni, ma grazie a un uso più efficiente dell'attuale capacità produttiva.

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