La presenza femminile nei Cda

Lavoro: cresce la presenza femminile nei consigli d'amministrazione

Le aziende più attente alle quota rosa ottengono risultati migliori rispetto alle concorrenti

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Seppur in crescita, la presenza femminile all'interno dei Consigli d'amministrazione delle maggiori società è ancora esigua e, nella maggior parte dei casi, ancora molto lontana dagli obiettivi posti dall'Unione europea. Eppure sono diversi gli studi che hanno certificato come le imprese, con una presenza femminili ai vertici societari più consistente, ottengono performance migliori rispetto alle loro concorrenti.

Secondo uno studio della Catalyst, una società di analisi di mercato che ha passato in rassegna i Consigli d'amministrazione delle principali società quotate in Borsa, negli Stati Uniti e in Giappone, ad esempio, la percentuale è rispettivamente del 19,2 e del 3%. In Europa, invece, le cose vanno in alcuni casi decisamente meglio e in altri molto meno: passiamo infatti dal 35% della Norvegia per arrivare al 7% del Portogallo o al 29,7% di Francia e il 18,2% della Germania. Lo studio non prende in considerazione il nostro Paese.

Qual è il target fissato dall'Unione europea? Raggiungere il 40% di presenza femminile nei consigli di amministrazione entro il 2020 (il 2018 per le imprese pubbliche o a partecipazione statale) nelle società con 250 o più dipendenti e con un fatturato globale annuo superiore a 50 milioni di euro (complessivamente 5.000 aziende).

E in Italia? Qui da noi la situazione è cambiata molto dopo l'approvazione della legge Golfo-Mosca, che una volta a regime (nel 2015) prevede l'assegnazione alle donne di un terzo dei posti disponibili all'interno dei Consigli d'amministrazione e dei collegi sindacali delle società quotate in Borsa e di quelle a partecipazione pubblica. Al 30 giugno del 2014, la presenza femminile nei Consigli d'amministrazione era cresciuta fino a toccare il 21,95%. Nel 2008 era al 5,9%.

Una percentuale, quest'ultima, che sarebbe opportuno incrementare il prima possibile. A trarne beneficio sarebbe l'impresa direttamente interessata e, conseguentemente, anche l'economia nel suo insieme.

Secondo un recente studio dell'Osservatorio AUB - Unicredit - Bocconi condotto sulle aziende familiari di medie e grandi dimensioni, le imprese che già rispettano quanto previsto dalla legge sulle quote rosa, con un Consiglio d'amministrazione composto quindi per il 33,3% da donne, fanno registrare performance superiori sia in termini di crescita (+0,8 punti nelle aziende con almeno un terzo di consiglieri donna) che di redditività (+1,7 punti nelle aziende con almeno un terzo di consiglieri donna).