"Selma", diretto dalla regista afroamericana Ava DuVernay e considerato un favorito nella corsa per gli Oscar, è finito al centro della polemica per aver messo in dubbio il ruolo dell'ex presidente americano Lyndon Johnson come promotore dei diritti civili. Nel film, che ripercorre la marcia da Selma a Montgomery in nome del diritto di voto per i neri, si vede Johnson che fa sorvegliare Martin Luther King dall'Fbi.
Il ritratto dell'ex presidente non è piaciuto a Mark K. Updegrove, direttore della biblioteca dedicata a Johnson, che in un articolo apparso su Politico.com ha fatto notare come il film stia cercando di "imbastardire uno dei capitoli più sacri del movimento per i diritti civili". Pochi giorni dopo, in un editoriale pubblicato dal Washington Post, anche l'ex assistente di Johnson Joseph A. Califano Jr. ha accusato gli autori di aver deliberatamente ignorato i fatti storici, sostenendo anzi che la marcia fu proprio un'idea dell'ex presidente. Pronta la replica della regista DuVernay, che su Twitter ha replicato: "Un'affermazione del genere è incredula e offensiva per i cittadini neri che l'hanno realizzata"
Alcuni storici, sebbene mettano in dubbio la tesi di Califano, sono comunque d'accordo con lui sul fatto che Johnson e King erano partner e non avversari. "Selma non fu un'idea di Johnson, ma l'ex presidente era contento che King stesse promuovendo una campagna per il diritto di voto" ha chiarito David J. Garrow, autore del libro "Bearing the Cross: Martin Luther King, Jr.".