Un milione di persone raggiunte dagli interventi umanitari in oltre mille città e villaggi in Indonesia, Sri Lanka, India, Thailandia e Somalia e circa 1.300 bambini riuniti ai loro parenti sopravvissuti. A distanza di dieci anni dal terribile tsunami che nel 2004 sconvolse il Sud-est asiatico, il rapporto di Save the children, l'organizzazione nata nel 1919 per difendere la vita e di diritti dei bambini, "Tsunami, dieci anni dopo. Storie di cambiamento" racconta le belle storie di persone che sono riuscite, grazie agli aiuti, a rifarsi una vita dopo la tragedia.
Le testimonianze raccontano come gli investimenti abbiano contribuito alla riduzione dell'impatto delle catastrofi. Sia in Sri Lanka che in Indonesia sono stati fatti importanti passi avanti in termini di rafforzamento della politica di gestione delle catastrofi, sono state fatte modifiche strutturali nelle abitazioni private e negli edifici pubblici per consentire loro di resistere a disastri in futuro, ed è stato predisposto un sistema di allarme rapido per l'evacuazione in caso di tsunami. Anche a livello comunitario oggi vi è una maggiore consapevolezza su cosa fare in caso di un disastro.
Subito dopo la catastrofe le prime operazioni si sono concentrate sull'emergenza alimentare, abitativa e sanitaria e, in un secondo tempo, sulla ricostruzione. Fondamentali sono stati i programmi di protezione dei minori rimasti soli, separati dalle loro famiglie, spesso senza sapere se genitori, fratelli, sorelle o altri parenti, erano ancora vivi. In alcune aree di Indonesia e Sri Lanka, in particolare, la collaborazione fra Save the Children e le autorità locali ha permesso di predisporre rapidamente spazi sicuri e strutture di accoglienza per bambini e adolescenti, con un supporto psicologico dedicato, e rintracciare, ove possibile, i familiari all'interno dei centri per gli sfollati. In questo modo circa 1300 bambini si sono ricongiunti con i loro parenti sopravvissuti.
Tra le storie di cambiamento, c'è quella di Ibu, da trent'anni insegnante in una delle scuole elementari di Banda Aceh, la provincia indonesiana più colpita dal maremoto. La scuola di Ibu è una di quelle ricostruite da Save the Children nell'ambito dei programmi di Educazione. "Abbiamo sentito il terremoto e poi un'esplosione. I bambini sono fuggiti all'esterno, urlando e chiedendo aiuto. Il mare si alzava verso la terra", racconta Ibu.
"Siamo tornati dopo due giorni - prosegue l'insegnante - per capire cosa fosse rimasto della scuola e intorno a noi c'erano solo cadaveri. Erano bambini che abitavano nei dintorni e abbiamo cercato nei loro zainetti per cercare di capire chi fossero e riconsegnare i corpi alle loro famiglie. Mio figlio era con me e ancora oggi non riesco ad immaginare come possa essersi sentito a vedere lì i corpi dei suoi amici”.
"Prima dello tsunami - continua Ibu - gli studenti della nostra scuola erano 125, dopo ne sono rimasti 75. La comunità si è ridistribuita diversamente sul territorio, la maggior parte delle persone non aveva un posto dove vivere. Molti stavano in una caserma. I bambini sono stati ospitati da Save the Children e sono potuti tornare a scuola. Per un anno abbiamo insegnato dentro una tenda, ma abbiamo potuto avere sostegno dall'Organizzazione, che ha dato ai bambini kit per studiare e cibo e a noi insegnanti una formazione per affrontare la nuova situazione così difficile".
Ora la situazione è completamente diversa e il futuro di queste persone è più sereno. "Quando la scuola è stata ricostruita - racconta Ibu - sono state aggiunte altre tre aule a quelle che avevamo prima dello Tsunami. È stato ricostruito il cortile, che spesso prima era allagato. Oggi abbiamo una scuola migliore e i bambini sono felici perché hanno una scuola più bella di quella di prima. Questa scuola può resistere al terremoto. Ora siamo più sereni".