Crisi economica

Crisi: ancora un Natale al ribasso

Pressione fiscale, salari fermi e difficoltà occupazionali: anche le festività soffrono la congiuntura negativa dell'economia

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C'è chi lamenta il peggior trend degli ultimi anni, in alcuni casi con cali addirittura del 60%. I consumi di Natale, quest'anno, sono andati molto al di sotto delle attese e si prevede un crollo di diversi milioni di euro rispetto al 2013. Si resterà a casa, evitando vacanze fuori per motivi economici almeno in un caso su due. Si tratta, comunque, di un quadro che la dice lunga sullo stato di salute dell'economia italiana.

E tale scenario non deve stupire troppo. In alcuni comparti, considerato il periodo di festività (si pensi soprattutto a quello agroalimentare), sono stati registrati dei miglioramenti nel paragone con i mesi precedenti. Ma in generale è tutto in diminuzione, un valore negativo che non risparmia alcun settore economico.

L'incertezza ha spinto dunque molti italiani a contenersi anche in vista delle feste natalizie. A determinare tale situazione una concomitanza di fattori che, messi insieme, spiegano i comportamenti dei consumatori in questa fase. Un po' a causa dell'instabilità del lavoro, un po' il peso delle tasse (specie quelle a scadenza alla fine di dicembre, Tasi, Imu e Tari).

Nel frattempo, perciò, è cresciuta la propensione al risparmio (l'aumento del risparmio che deriva da una crescita del reddito disponibile) che spiega almeno in parte perché gli 80 euro in più in busta paga (il bonus Irpef) non si sia tradotto, finora, in consumi.

Restando al capitolo tasse, l'aumento complessivo di 300 milioni di euro delle tredicesime, è stato accompagnato dall'incremento delle principali imposte, che complessivamente "pesano" 9,5 miliardi di euro (+18%). Tasi, Imu, Tari, tasse auto e canone Rai incideranno quindi negativamente sui consumi delle famiglie.

Confidando ad ogni modo in una tendenza di tutt'altro segno, magari già a cominciare dal 2015, anno in cui è prevista una timida ripresa, c'è da osservare che i dati – dalla pressione fiscale alle retribuzioni – non concedono particolare spazio all'immaginazione.

L'esecutivo si è impegnato ad abbassare le tasse e, quindi, a favorire una minore pressione fiscale su famiglie e aziende. Intanto, però, l'Ocse (l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) ha di recente confermato che l'Italia mantiene un livello della pressione fiscale molto alto (tra i più alti dei paesi Ocse, al quinto posto della classifica), pur avendo registrato una riduzione minima dal 42,7% del 2012 al 42,6% del 2013. Secondo Bankitalia, la pressione fiscale in Italia si è attestata lo scorso anno al 43,3% del Pil, quando la media dell'Eurozona è al 41,2%.

Questione lavoro. L'Istat ha diffuso pochi giorni fa i dati relatvi alla struttura del costo del lavoro. Quanto emerge è che – il periodo di riferimento è il 2012 – il costo del lavoro corrisponde a 41.330 euro per dipendente nelle imprese ed istituzioni private e pubbliche con almeno dieci dipendenti dell'industria e dei servizi. Le retribuzioni lorde per dipendente, invece, ammontano a 29.895 euro.

In pratica il nostro paese si colloca al di sotto della media dell'Eurozona sia per quanto riguarda il costo del lavoro orario (27,5 a 28,4 euro), a dispetto della retorica corrente, ma anche per quanto riguarda la retribuzione lorda oraria (19,9 a 21,2 euro). Più in generale, tra il 2008 e il 2012, di nuovo secondo Eurostat, gli stipendi italiani sono cresciuti del 6,9%, contro una media Ue dell'8,2% e la media dellEurozona del 9,1%.

Inoltre, come informa l'Istat nell'annuario statistico in riferimento all'anno 2013, prosegue in Italia l'incremento degli occupati a tempo parziale (108 mila unità, pari a +2,8 per cento), la cui incidenza arriva al 7,9% tra gli uomini e sale addirittura al 31,9% tra le donne.

Una condizione occupazionale e salariale in chiaroscuro. In molti casi calano i redditi e diminuisce il potere d'acquisto. Le famiglie preferiscono accantonare delle somme nel caso si presentasse una spesa imprevista. È un circolo vizioso che frena, inevitabilmente, i consumi, volano per la ripresa economica. E anche quest'anno, con ogni probabilità, ricorderemo l'ennesimo Natale austero.