CANTINE SETTESOLI, L'INTERVISTA

Varvaro e il successo di Settesoli "Il nostro segreto? Il gioco di squadra"

Le cantine siciliane, che contano 2mila soci, esportano i loro prodotti in tutto il mondo: "L'estero offre a tutti grandi opportunità"

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Duemila soci e seimila ettari di vigneti sparsi per la Sicilia. "Siamo il vigneto più grande d'Europa gestito centralmente da un solo gruppo di manager". Vito Varvaro racconta i segreti delle Cantine Settesoli, grande realtà sorta nel 1958 di cui è presidente. "Se abbiamo avuto successo è perché abbiamo fatto gioco di squadra tra tanti agricoltori. Da soli non avremmo potuto sfidare un mercato sempre più globale".

In un'Italia in crisi, le Cantine Settesoli possono rappresentare un esempio da seguire?
"L'esempio delle Cantine Settesoli è molto importante per tantissime imprese italiane. L'Italia è cresciuta con il concetto 'piccolo è bello'. L'impresa piccola, gestita in un piccolo territorio, aveva successo nel passato. Quando è arrivata la globalizzazione, però, ci siamo trovati impreparati. Le Cantine Settesoli sono stati lungimiranti e hanno capito già 30 anni fa che bisognava fare gioco di squadra e andare in giro per il mondo. Questo è l'esempio più importante per le aziende italiane".

Come venite accolti all'estero?
"Il vino e il cibo italiano hanno un grandissimo appeal sui clienti mondiali. Noi veniamo accolti molto bene perché i nostri compratori, normalmente grandi retailers del mondo, vengono a trovarci e si accorgono della realtà di un'azienda con 6mila ettari di vigneto e con delle strutture produttive all'avanguardia. La nostra dimensione e la nostra capacità di mettere in mostra le potenzialità del nostro prodotto, hanno un grande successo nel mondo".

Quanto vino vendete oltre i confini nazionali?
"Il 70% del fatturato dell'imbottigliato va all'estero. Le Cantine Settesoli, facendo gioco di squadra, sono riuscite a produrre e a vendere nel mondo molti milioni di bottiglie".

Si può battere la crisi?
"La crisi si può battere. Con ottimismo ma anche con grande voglia di studiare tutte le opportunità che ci sono nel mondo. La globalizzazione ha creato problemi, perché bisogna essere grandi e bisogna avere le capacità di andare in giro. Ma il mondo offre grandissime opportunità a chi si presenta offrendo un ottimo prodotto".

Vi sentite rappresentanti del Made in Italy?
"Ci sentiamo portabandiera del Made in Italy. Ci sentiamo portabandiera del Made in Sicily perché la Sicilia nel mondo agricolo e nel mondo vinicolo è abbastanza conosciuta. E quindi portiamo alto il vessillo dell'Italia quando andiamo in giro per il mondo".

La Sicilia può aiutare il Paese a uscire da questo momento no?
"La Sicilia ha un grandissimo potenziale. Ma deve concentrarsi solo su ciò che può offrire al mondo: sviluppo agricolo e sviluppo di prodotti unici. Bisogna poi concentrarsi sul turismo, perché la Sicilia può attrarre molti più turisti di quanti ne attrae oggi. E infine ci si può concentrare sui servizi, che non hanno bisogno di essere localizzati in posti legati ai mercati di consumo. Ma bisogna veramente cambiare l'approccio, bisogna decidere di investire in questi settori e non parlarne soltanto. Bisogna abbandonare l'idea che la Sicilia debba essere industrializzata e ripartire".