Tutti assolti. Dopo dieci ore di camera di consiglio è questa la conclusione a cui sono giunti i giudici del Tribunale di Paola al termine del processo per le morte di un centinaio di operai dell'ex stabilimento Marlane di Praia a Mare (Cosenza), uccisi, secondo l'accusa, dai vapori respirati nella lavorazione dei tessuti.
Una tesi non condivisa dal Tribunale che invece, ha mandato assolti i 12 imputati, tra i quali Pietro Marzotto, ex presidente del gruppo, accusati a vario titolo, oltre che di omicidio colposo, anche di disastro ambientale. Una sentenza che ha suscitato perplessità tra le parti civili e che sembra destinata a fare discutere.
Tra i primi a sollevare dubbi, l'avv. Rodolfo Ambrosio legale di Legambiente, costituita parte civile nel processo: "E' strano questo esito perché le vittime sono state anticipatamente risarcite. Come si fa a pagare un indennizzo e poi assolvere qualcuno che è causa di quel risarcimento danni? Certamente non mi aspettavo una assoluzione, mi sembrava abbastanza palese che le responsabilità ci fossero tutte e fossero chiare".
I giudici del Tribunale, evidentemente, non hanno riscontrato il nesso di causa-effetto tra i vapori respirati dagli operai e le morti che si sono verificate nel corso degli anni. Ma per sapere quale è stata la loro interpretazione delle perizie e delle testimonianze che si sono succedute in aula, bisognerà attendere le motivazioni che saranno depositate tra 90 giorni.
Nella loro requisitoria, il 21 settembre, i pm Maria Camodeca e Linda Gambassi, avevano chiesto la condanna di 11 dei 12 imputati: 10 anni per l'ex sindaco di Praia a Mare, Carlo Lomonaco, imputato in qualità di ex responsabile del reparto tintoria; 6 anni per Pietro Marzotto; 5 anni per Silvano Storer, ex amministratore delegato del gruppo, Jean De Jaegher, Lorenzo Bosetti, ex sindaco di Valdagno (Vicenza) e consigliere delegato e vicepresidente della Lanerossi e Ernesto Antonio Favrin; 8 anni per Vincenzo Benincasa; 3 anni per Salvatore Cristallino; 4 anni e 6 mesi per Giuseppe Ferrari; 7 anni e 6 mesi per Lamberto Priori; e 3 anni e 6 mesi per Attilio Rausse. L'assoluzione era stata chiesta, invece, per Ivo Comegna per non aver commesso il fatto.
Gli imputati sono stati rinviati a giudizio nel novembre 2010 dopo una inchiesta della Procura di Paola durata dieci anni che ha rappresentato la sintesi di tre diversi filoni di indagine, il primo dei quali risalente al 1999 e gli altri al 2006 e al 2007. I periti nominati dai magistrati hanno sostenuto che esiste un nesso di causalità tra la morte degli operai e le esalazioni tossiche sprigionate dai coloranti utilizzati nella produzione, in modo particolare nel reparto di tinteggiatura.
La sentenza chiude un processo iniziato il 19 aprile 2011, ma, di fatto, cominciato veramente l'anno successivo, il 30 marzo 2012, dopo ben sei rinvii.