Tempo di bilanci

Crisi economica: un anno di difficoltà, ma si spera nel 2015

Gli indicatori continuano ad essere negativi, opportuno ripartire da consumi e investimenti

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Questa, si sa, è una parte dell'anno in cui trarre bilanci diventa una prassi. E il quadro economico dell'Italia, in questo senso, non fa eccezione, con gli indicatori che continuano a segnare ritardi in alcuni casi addirittura "strutturali". Lavoro, consumi, dati dell'industria, il paese in recessione. I redditi delle famiglie italiane sono fermi ai livelli di trent'anni fa (Confcommercio) e gli standard di consumo, coerentemente, a quelli del 1988 (Tecnè).

A iniettare una minima dose di ottimismo, in questi giorni, è stato il Centro Studi di Confindustria che prevede una risalita del Pil nel 2015 dello 0,5%, per poi attestarsi su +1,1% nel 2016. Ma intanto bisogna fare i conti con l'attualità che di certo non appare ancora rosea. Soltanto pochi giorni fa l'Istat informava sulla diminuzione della produzione industriale (-0,1% di ottobre su settembre e -3% su base annua), che è indicatore importante per osservare e comprendere il reale andamento dell'economia.

Anche gli ultimi dati su fatturato e ordinativi sono in linea con il momento. È vero che su base mensile – ottobre su settembre – si registra un lieve miglioramento dello 0,4% (fatturato) e dello 0,1% (ordinativi), con gli ordinativi in particolare che permettono di osservare gli scenari in prospettiva. Un miglioramento dell'indicatore è un segnale positivo, ma molto dipende anche dal clima di fiducia delle imprese.

Il problema, tuttavia, in un periodo in cui anche in sede comunitaria si affrontano i temi e si studiano le misure legate alla crescita, resta nel confronto tendenziale. Su base annuale, infatti, l'indice degli ordinativi resta in territorio negativo (-0,2%), così come quello del fatturato (-0,7%). E pure nella media trimestrale, l'indice del fatturato diminuisce dello 0,3% (-1,4% per il fatturato interno e +1,7% per quello estero).

Entrando più nello specifico, nel confronto con lo stesso mese del 2013, l'Istat registra gli incrementi più significativi nell'indice del fatturato nei settori della fabbricazione di mezzi di trasporto (+15,7%), delle attività estrattive (+4,7%) e delle altre industrie manifatturiere, riparazione e installazione di macchine ed apparecchiature (+2,2%), mentre le variazioni negative più marcate si rilevano nella fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (-9,4%), nella fabbricazione di computer, prodotti di elettronica e ottica, apparecchi elettromedicali, apparecchi di misurazione e orologi (-6,4%) e nelle industrie alimentari, bevande e tabacco (-5,3%).

Per quanto riguarda gli ordinativi, la variazioni più positive comprendono la fabbricazione di macchinari (+8,1%), la fabbricazione di mezzi di trasporto (+6,7%) e la fabbricazione di apparecchiature elettriche e apparecchiature per uso domestico non elettriche (+1,5%). Al contrario, le principali flessioni si registrano nella fabbricazione di computer, prodotti di elettronica e ottica, apparecchi elettromedicali, apparecchi di misurazione e orologi (-10,9%), nella produzione di prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (-4,7%) e nella metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo (-4,2%).

Per tornare a crescere è opportuno ripartire dagli investimenti. A proposito di buone notizie, quindi, è da valuate positivamente l'ok dell'Ue al piano Juncker che di fatto crea un nuovo fondo per gli investimenti strategici (Efsi) che ha lo scopo di mobilitare 315 miliardi di euro nel biennio 2015-2017, anche se i margini di manovra non saranno tanto ampi nel rispetto dei parametri (sul tema la Germania è tornata a fare la voce grossa, ricordando che la recessione non è "completamente superata").

Ma il passo, non ancora definitivo, è intanto fondamentale. Nel Prodotto interno lordo, infatti, assumono un peso di cruciale importanza i consumi delle famiglie e gli investimenti. E fintanto che non si verificherà un'inversione di tendenza, proprio come l'Italia degli ultimi anni insegna, l'uscita dal fatidico tunnel rischia di essere sempre più ostica e difficile.