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Uruguay, proiezioni: Vazquez vince il ballottaggio alle presidenziali

La sinistra del Frente Amplio conquista terzo mandato. Battuto il candidato di centrodestra

-afp

Tabaré Vazquez è diventato il terzo presidente consecutivo del Frente Amplio, la coalizione di sinistra al governo a Montevideo dal 2005, battendo facilmente lo sfidante del Partito Nazionale (o "blanco") Luis Lacalle Pou con un vantaggio di oltre 10 punti nel ballottaggio in Uruguay. Le proiezioni diffuse dalle tv locali dopo la chiusura dei seggi attribuiscono a Vazquez circa il 53% dei voti, a una comoda distanza dal 41% di Lacalle Pou.

Questa vittoria rappresenta un risultato di proporzioni storiche per il piccolo paese sudamericano e un notevole successo personale per questo prestigioso oncologo di 74 anni, che è già stato il primo presidente della storia dell'Uruguay non proveniente dai cosiddetti "partiti tradizionali", il "blanco" e il Partito Colorado ("rosso").

Se i risultati finali confermano le proiezioni statistiche, Vazquez avrebbe migliorato il risultato con il quale è stato eletto dieci anni fa, nel novembre del 2004 (51,67%), senza superare però il 54,63% ottenuto nel 2009 dal suo predecessore e compagno di partito, Josè "Pepe" Mujica, che durante il suo mandato è diventato uno dei leader globali più noti e apprezzati, per il suo stile di vita austero e la sua tendenza a parlare senza peli sulla lingua.

Smentendo le previsioni dei sondaggi, Vazquez - accompagnato nel ticket presidenziale da Raul Sendic, il figlio omonimo del mitico fondatore dei Tupamaros negli anni '60 - ha inoltre garantito al Frente Amplio la sua terza maggioranza consecutiva nelle due camere del Parlamento, un altro record storico, nelle elezioni politiche svoltesi contemporaneamente al primo turno delle presidenziali, lo scorso 26 ottobre.

La vittoria di Vazquez consolida così l'appoggio popolare a quel particolare esperimento della sinistra latinoamericana che è il Frente Amplio, che ha associato politiche di solidarietà e riforme di stampo progressiste con una politica economica rigorosa e ortodossa, mantenendo le sue distanze tanto dal cosiddetto asse bolivariano - Venezuela, Bolivia, Ecuador e Nicaragua - come dai "governi fratelli" dei suoi due giganteschi vicini: il Brasile di Lula e Dilma e l'Argentina dei Kirchner.

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