Salvo colpí dí scena dell'ultima ora Chirac e Schróder non faranno al primo ministro portoghese Duráo Barroso quel che Blair e Berlusconi hanno fatto al premier belga Verhofstadt: non gli impediranno, evocando le lacerazioni europee sull'Iraq, di succedere a Romano Prodi alla guida della Commissione di Bruxelles.
L'annuncio ufficiale, atteso per martedí sera, chiuderá uno dei piú litigiosi confronti che la neonata Europa a 25 abbia conosciuto. Al recentissimo vertice che ha tenuto a battesimo il Trattato costituzionale dell'Unione, i francesi e i tedeschi si erano presentati facendo campagna per Verhofstadt. Ma il primo ministro belga era stato con i governi di Parigi e Berlino uno deí píú decísí oppositori della guerra in Iraq, e piú tardi aveva partecipato, con i medesimi compagni di strada piú il Lussemburgo, a una riunione sulla difesa europea fortemente criticata dall'America e dall' intero fronte atlantista. Blair e Berlusconi hanno cosí avuto buon gioco nel guidare il fronte del «no», fino a costringere Verhofstadt a ritirare la sua candidatura.
Alla luce di questo precedente, sí ríteneva che nelle successive consultazioni Schróder e Chirac avrebbero restituito pan per focaccia negando il loro benestare a Duráo Barroso. Fu proprio il premier lusitano, infatti, ad ospitare alle Azzorre l'incontro tra George Bush, Tony Blair e José Maria Aznar all'immediata vigilia dell'attacco all'Iraq. Ed é stato sempre Barroso, capo di un governo di centro-destra, a confermare in ogni occasione il suo attaccamento prioritario all'alleanza euro-americana.
Se Francia e Germania hanno rinunciato alla deleteria abitudine dei veti ínerociati, dunque, la loro scelta non deriva da mancanza di argomentazioni polemiche, ma rappresenta piuttosto il segnale di una evoluzione politica. Nell'ultimo mese é cambiato, per cominciare, il clima dei rapporti transatlantici. In maniera piú accentuata a Berlino ma anche a Parigi é stata presa buona nota delle correzioni di rotta írachene operate da Bush, é stata salutata con favore l'ultima risoluzione dell'Onu, e c'é soprattutto il desiderio di non riaprire le ferite di un anno fa.
Bocciare Barraso perché «troppo» atlantista proprio alla vigilia del formale ristabilimento della sovranitá irachena, in queste condizioni, avrebbe avuto il sapore di una sfida non desiderata. Il che non significa - come si vedrà anche all'odierno vertice Nato di Istanbul - che i dissensi sulla questione dell'Iraq siano stati tutti nascosti in soffitta. Ma significa, questo si, che Chirac e Schroder non intendono perpetuare le divisioni europee né vogliono indispettire Bush rimproverando a Barroso di essergli troppo vicino.
José Manuel Durao Barroso, del resto, non ha mai trovato incompatibili il suo impegno transaltantico e i suoi ideali europeisti.
Si dice che già durante il conflitto iracheno sia stato lui a fare da intermediario tra Aznar e Chirac, prospettando ad entrambi la necessitá di un ricompattamento dell'Unione. E il premier portoghese, che ha pagato care alle ultime elezioni europee le misure economiche imposte dal rispetto del Patto di stabilitá, é sempre stato in prima fila anche sul tema della politica estera e di difesa che l'Europa sta provando a darsi. Si capisce allora che Bertie Ahern, prima di passare agli olandesi la presídenza di turno, abbia voluto puntare sulle «ineccepibili credenzialí di Barroso. Ottenendo, secondo le sue stesse parole, un «consenso schiacciante» che comporta il placet di Francia e Germania oltre a quello, sicuro, dell'Italia.
Qualcuno potrá dire che la designazione di Barroso nasce dai rifiuti e dalle bocciature altrui, che si tratta di una scelta di seconda fila.
Ed é anche vero che quando il nuovo Trattato costituzionale entrerá in vigore (se supererá l'arduo ostacolo delle ratifiche) l'importanza della Commissione tenderá a diminuire perché risulterá rafforzata, almeno sulla carta, la figura del presidente del Consiglio. Ma la probabilissima nomina di Duráo Barroso é egualmente una buona notizia per l'Europa che aspira all'unitá politica. Se non altro per le opposízioni possibili che sin qui non ha suscitato.
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