Consumi: le politiche del rigore da sole non bastano
Cala il potere d'acquisto e si riduce la spesa delle famiglie: così la ripresa è lontana
All'ultimo vertice G20 che si è tenuto in Australia è andato di scena il solito scontro, a tratti ideologico, tra i fautori dell'austerity e i detrattori del rigorismo a tutti i costi che ha caratterizzato le politiche economiche europee negli anni della crisi. Il contesto di riferimento resta il medesimo: bisogna agire per la crescita, l'occupazione e per far ripartire i consumi.
Ad agosto la Confcommercio aveva rilevato per l'Italia una lieve risalita dei consumi, con un rialzo dello 0,1%. Un margine di crescita tuttavia troppo basso per parlare, a tutti gli effetti, di ripresa. Sempre la Confcommercio e la Confederazione italiana agricoltori (Cia) hanno osservato non molto tempo fa come dall'inizio della crisi ad oggi ci sia stata una contrazione del 13% sugli acquisti di alimentari e bevande. La stretta dei consumi è (anche) il risultato dell'austerity.
L'Italia è in recessione. Nel terzo trimestre del 2014 il prodotto interno lordo (PIL) è diminuito dello 0,1% rispetto al trimestre precedente e dello 0,4% nei confronti del terzo trimestre del 2013. Nel secondo trimestre dell'anno era invece diminuito dello 0,3% rispetto allo stesso periodo del 2013 e dello 0,2% nel confronto con gennaio-marzo. Nel secondo trimestre del 2014 il reddito disponibile delle famiglie consumatrici era diminuito dell'1,4% rispetto al trimestre precedente e dell'1,1% rispetto al corrispondente periodo del 2013.
Così il potere d'acquisto subiva un ulteriore calo rispetto al trimestre precedente (-1,4% e -1,5% sul 2013). Dunque la propensione al risparmio delle famiglie consumatrici – ovvero, ricordiamo, l'incremento del risparmio che deriva dall'aumento del reddito –, pari all'8,3% nel secondo trimestre del 2014, risultava in diminuzione di 1,4 punti percentuali rispetto al trimestre precedente e di 1,8 punti sul 2013. Giusto la spesa delle famiglie per consumi finali (cioè quella parte di reddito destinata a beni e servizi "collettivi") è aumentata dello 0,2% nei confronti del primo trimestre.
Ora, questi numeri, sono di per sé già abbastanza esaustivi nella rappresentazione dello stato di salute del nostro paese. Ma spiegano anche l'andazzo altalenante dell'economia in Europa, provocato in misure più o meno estese dalle politiche rigoriste di Bruxelles. L'idea di un'austerità espansiva volta alla riduzione del deficit crea l'illusione di un aumento del reddito che sostenga i consumi, dovuto alla riduzione delle tasse. In verità l'effetto è stato fin qui l'opposto: disuguaglianze di reddito, disoccupazione e contrazione dei consumi e della domanda aggregata. Una circostanza, quest'ultima, che pare adesso interessare la stessa Germania, la cui economia dipende perlopiù dalle esportazioni.
Come si ripercuote sui cittadini un tale clima di incertezza? In diverse modalità, tra cui quelle descritte dalla recente indagine di ActionAid: a causa della crisi economica i consumatori svolgono una spesa oculata, evitano i generi alimentari più costosi ed evitano gli sprechi. Ma anche, come rilevato durante l'anno da diversi istituti di ricerca, la rinuncia alle attività di svago (cinema, ristoranti, palestra...). E c'è chi già guarda alle prossime festività natalizie ancora all'insegna del risparmio. Secondo un'indagine del Codacons, infatti, le famiglie italiane ridurranno gli acquisti di Natale del 5% rispetto al 2013.
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