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Le nuove accise sulle sigarette: si punta su quelle elettroniche

Anche le multinazionali del tabacco si adeguano e investono in prodotti considerati a basso rischio

ap-lapresse

Dal 1° gennaio del 2015, i fumatori italiani saranno costretti a sborsare qualche centesimo di euro in più. Il Consiglio dei ministri ha infatti modificato le accise sul tabacco, rendendo più care le sigarette ad oggi meno costose. Ma c'è anche chi, oltre all'erario, dovrebbe trarre maggiori benefici dalle decisioni del governo: i fumatori che utilizzano le sigarette elettroniche, dispositivi considerati a rischio ridotto. Vediamo perché.

L'esecutivo vuole ripercorrere l'esempio tedesco del 2010. In che modo? Introducendo una tassazione più consistente sui prodotti fino ad oggi dal prezzo più basso. Questo schema, secondo l'intento dell'esecutivo, dovrebbe salvaguardare gli obiettivi di salute pubblica senza per questo danneggiare – riducendolo – il gettito fiscale. Dal 2015 cambierà infatti la composizione dell'aliquota sulle sigarette, composta da una parte fissa e da una "ad valorem”, che verrà calcolata in base al "prezzo medio ponderato” e non – come accaduto fino ad ora - più in base alla "classe di vendita più richiesta". Ma quali saranno le conseguenze per le tasche dei fumatori italiani?

Per ogni pacchetto dal prezzo compreso tra i 3,80 e i 4,40 euro, il fisco dovrebbe pesare 3,40 euro. Il discorso cambia invece per le sigarette più costose (su un pacchetto da 5,10 euro, ad esempio, le accise saranno all'incirca 3,87 euro) e le e-cig. Le sigarette elettroniche, in sostanza. Per le quali è prevista un'accisa del 50% di quella gravante sull'equivalente quantitativo delle sigarette tradizionali.

Secondo un'indagine dell'Istituto superiore di sanità in collaborazione con la Doxa di un anno fa, almeno due milioni di italiani dichiaravano di avere provato le sigarette elettroniche (500 mila sono invece gli utilizzatori abituali). Ma solo il 10% tra gli appassionati delle e-cig hanno poi abbandonato il tabacco tradizionale.

Molti sono stati infatti i fumatori che, dopo aver provato le sigarette elettroniche al momento del loro lancio sul mercato, hanno poi deciso di tornare alle vecchie abitudini. E così il numero dei negozi di e-cig, cresciuto rapidamente, ha subito un brusco calo: quattro chiusure per ogni nuova apertura, secondo gli ultimi dati dell'ISTAT.

Al di là del numero – più o meno consistente – di fumatori che hanno deciso di utilizzare esclusivamente le sigarette elettroniche, molte sono le multinazionali del tabacco che hanno deciso di investire nella produzione di prodotti considerati a rischio ridotto, come richiesto in più occasioni dalle autorità sanitarie.

A breve i fumatori potranno così 'testare' un nuovo prodotto: le Iqos, piccole bacchette di tabacco da consumare attraverso il riscaldamento e non con la combustione, prodotte in Italia dalla Philip Morris. La multinazionale, forte dei suoi 70 miliardi di dollari di fatturato, dei suoi 53 stabilimenti e degli oltre 90 mila dipendenti sparsi per il mondo, ha deciso di investire nel nostro Paese ben 500 milioni di euro. Soldi necessari per la costruzione di una fabbrica pilota a Zola Predosa nel bolognese (l'impianto vero è proprio vedrà la luce tra 17 mesi a Crespellano) dove – a regime – saranno impiegati 600 addetti per la produzione delle Iqos.

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