Lavoro: cambiare le regole non basta
Scuola e formazione sono pilastri fondamentali per facilitare l'incontro tra offerta e domanda
Cambiare le regole del mercato del lavoro basterà a rilanciare l'occupazione e i consumi? Difficile a dirsi. Sicuramente agevolare le aziende è un passo importante. Ma spulciando gli "ostacoli sistemici" si scopre che il problema non si esaurisce qui.
Prendiamo il programma Garanzia Giovani che sta procedendo sotto le aspettative e che invece dovrebbe aiutare gli under 30 a trovare buone occasioni di impiego (a patto che si rendano "occupabili"), complice una comunicazione non proprio ottimale (il programma europeo ha stanziato per l'Italia 1,5 miliardi di euro).
Il programma Garanzia Giovani ha preso il via a maggio 2014 e per comprendere la portata del fenomeno è sufficiente ricordare le cifre di quel periodo. Circa 5,2 milioni di giovani, sotto i 25 anni, erano disoccupati nell'Unione europea. Di questi 700 mila in Italia. Oltre un milione di ragazzi tra i 15 e i 24 anni escluso dal mondo del lavoro, dell'istruzione o della formazione (sono i cosiddetti NEET) e il numero risulta pari al doppio allungando la fascia fino ai 29enni. Ad agosto 2014 – quindi a tre mesi dall'entrata in vigore del programma – i disoccupati tra i 15 e i 24 anni risultavano essere 710 mila, con un tasso di disoccupazione che si attestava al 44,2%.
Il problema è tuttavia strutturale, dicevamo. E la dimostrazione giunge da un indicatore che da noi è stato preso in considerazione più tardi rispetto ai nostri partner europei, nonostante offra una panoramica generale – e "sistemica", appunto – dell'andamento del mercato del lavoro: i posti vacanti. Stando ai dati Eurostat, il tasso dei posti liberi nelle aziende è in Italia di gran lunga inferiore alla media europea, rispettivamente allo 0,5% e all'1,6%. Peggio di noi la Lettonia, ferma allo 0,4%. La Germania ha un tasso di posti vacanti pari al 2,8%, il Belgio al 2,4% e il Regno Unito al 2,3%. Un po' colpa della riduzione del turn over e un po' conferma della crisi che morde ancora, eccome.
Ma non è tutto. A volte a contrastare le assunzioni, in particolare quelle dei giovani al termine del percorso di studi, è il mancato incontro di offerta e domanda. Il Rapporto McKinsey Il viaggio tempestoso dell'Europa, dall'educazione all'occupazione, presentato a inizio anno, rileva che il 47% dei datori di lavoro risente dell'incapacità di trovare persone che facciano al caso proprio. Una percentuale più alta in Italia che negli altri casi esaminati. In Grecia, Spagna e Germania, infatti, la stessa incapacità viene dichiarata dal 45%, dal 33% e dal 26% degli imprenditori. Questi ultimi dichiarano inoltre di non riuscire ad incontrarsi con giovani che siano "adatti" a quel tipo di lavoro o settore. Una lacuna che investe anche il mondo dell'istruzione, spesso incapace di percepire il cambiamento. Secondo il dossier in tanti intraprendono percorsi di studi legati a settori che in realtà hanno presentato un calo nella domanda. Mancano poi troppo spesso le competenze, informatiche e linguistiche soprattutto.
Tradotto: alle misure che agevolano la vita delle aziende – un tessuto che in Italia è composto principalmente di piccole e medie imprese –, deve accompagnarsi un mutamento strutturale che non comprenda solo le regole del mercato del lavoro, bensì una nuova visione sistemica che abbia nella scuola e nella formazione il primo, fondamentale, punto di partenza.
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