Il tallio - potente veleno insapore e inodore, reso famoso da un romanzo di Agatha Christie - ha inquinato alcuni pozzi della Versilia. Da quanto tempo questa sostanza tossica galleggia nell'acquedotto toscano? Quanto ne hanno bevuto i suoi abitanti? Nessuno lo sa, qualcuno azzarda che il veleno sia presente sulle tavole dei versiliesi e di coloro che vanno li in vacanza perlomeno da tre anni. Di fatto ora a Pietrasanta è scattato un divieto assoluto di usare l'acqua del rubinetto, fino a quando le analisi indicheranno che l'allarme è cessato.
Intanto, settecento famiglie dovranno rifornirsi dalle cisterne, ma qualcuno - che ha fatto privatamente le analisi- ha già scoperto di avere concentrazioni di tallio nei capelli cinquanta volte superiori alla norma. Il perimetro contaminato racchiude il centro storico e le aree vicine, compresa Valdicastello, casa natale del poeta Giosuè Carducci. La causa della presenza del veleno va ricercata nelle vecchie miniere di pirite abbandonate di Valdicastello, carcasse industriali oggi di proprietà del comune e mai bonificate, che probabilmente hanno inquinato le falde acquifere. "Siamo sicuri che sia una contaminazione temporanea e che nessuno sapesse?", si domanda Michele Marcucci, titolare della celebre enoteca pietrasantina. Intanto arrivano le prime disdette alle prenotazioni di tavoli, ci dice mentre la procura di Lucca valuta la possibilità di aprire un'inchiesta.