Donne e lavoro. Come la crisi economica post lockdown sta ricadendo sull’occupazione femminile? E’ questo il tema trattato nella terza puntata di "Giovane Europa in Emergenza", la rubrica di Tgcom24 realizzata in collaborazione con il Parlamento europeo. Nel terzo appuntamento, andato in onda il 16 luglio, si è parlato della condizione lavorativa femminile a tutto tondo - dai numeri dell’occupazione al divario salariale - e di come l’Unione europea affronta le politiche femminili.
Donne penalizzate sul lavoro, una situazione aggravata dalla pandemia - A pagare un prezzo altissimo della crisi causata dal coronavirus sono state le donne. Eventi come il lockdown, l'imposizione dello smartworking hanno rivoluzionato la vita delle persone, pesando in maniera significativa sulle famiglie. Conciliare figli e lavoro ha rappresentato una vera e propria sfida per molte donne, il 74% delle quali ha visto aumentare, secondo Save the Children, il proprio carico di attività domestica.
Saltano all'occhio anche i dati sulla diffusione dei cosiddetti orari anti-sociali, turni serali, notturni o festivi: secondo l'Istat, quasi 800mila donne lavorano di notte, 2 milioni la domenica. Inoltre, la disoccupazione femminile è in crescita. Guardando a prima della pandemia i numeri non sono più incoraggianti, a gennaio 2020 il tasso di occupazione era pari a circa il 50% delle donne di età compresa tra i 15 e i 64 anni. Un valore migliorato rispetto a 10 anni fa, ma che non basta a risollevare le sorti dell’Italia, che si colloca in penultima posizione in Europa davanti alla Grecia e quartultima tra i paesi Ocse.
A preoccupare è anche la questione della disparità salariale con gli uomini: nonostante i vari richiami dell’Ue, il gap retributivo è infatti ancora molto esteso. La crisi innescata dal coronavirus rischia di aggravare una situazione già di per sé compromessa.
L'emancipazione della donna rischia davvero, come sottolineato dalla presidente del Senato Alberti Casellati, di tornare indietro di 50 anni? Ne abbiamo parlato con Isabella Tovaglieri, europarlamentare della Lega, e Danieli Rondinelli, europarlamentare M5s, ospiti della puntata.
"E' un problema assolutamente preoccupante - sottolinea Tovaglieri - Primo fra tutti perché la grande differenza tra l’emergenza che stiamo vivendo e la crisi finanziaria del 2008 è che questa va davvero a colpire prioritariamente il settore in cui sono più occupate le donne: quello dei servizi, quindi ristorazione, turismo, commercio, ecc; settori che attualmente hanno ancora in vigore fortissime restrizioni. Di conseguenza, le donne stanno pagando il prezzo occupazionale più alto di questa emergenza".
"La diseguaglianza di genere - aggiunge - non si combatte per decreto. La diseguaglianza si sostiene con delle politiche attive a sostegno del welfare. Le donne non hanno la possibilità di accedere ai più alti livelli salariali non perché siano meno brave, ma perché per conciliare vita lavorativa e vita familiare, a volte devono ridurre le ore lavorative, magari accedendo a part time. Le pari opportunità si raggiungono effettivamente dando la possibilità a tutti di giocare con le medesime carte. Ci vorrebbero dei bonus che permettano alle donne di gestire sia la vita familiare che quella lavorativa. Tanto è legittimo il sogno di raggiungere le più alte vette della propria professione quanto quello di avere una famiglia".
"A livello europeo e italiano abbiamo delle legislazioni molto avanzate rispetto alla tutela delle lavoratrici. Un impianto normativo che, però, nella realtà non trova attuazione. Per tanti motivi, uno è il fatto che la donna - proprio per poter conciliare famiglia e lavoro - esce ed entra dal mercato del lavoro in diversi periodi della sua vita. Questo comporta un problema di gap legato, poi, ai suoi diritti di accesso alla pensione. In Parlamento, mi sono battuta affinché si abbia il coraggio, a livello europeo, di introdurre delle norme che trascendono un aspetto culturale: infatti, non arriveremo mai a una parità retributiva affidandoci a un’evoluzione culturale. Abbiamo bisogno anche, per esempio, di un impianto sanzionatorio”, dichiara Rondinelli.
“Se un’azienda è consapevole che sta sottopagando una donna per lo svolgimento di un lavoro di eguale valore rispetto a un quello di uomo dal punto di vista del curriculum, della formazione professionale, dei titoli di studio e anche delle sue competenze, allora - spiega - deve essere sanzionata. Mi batto, inoltre, anche affinché le aziende che sfruttano un lavoro femminile da un punto di vista retributivo possano non avere accesso a fondi europei".