Era il 2 gennaio del 1957 quando, in una Milano innevata e un po'assonnata, nella saletta della Galleria Apollinaire, al 4 di via Brera, inaugurava “Proposte monocrome, epoca blu”, un'insolita mostra di un curioso artista francese: Yves Klein. Quegli undici rettangoli blu e, appesi nel retro, quei due quadrati, uno rosso e uno giallo "risotto", erano davvero estremi: non un segno, non una firma, solo uno strato di pigmento puro e qualche impercettibile increspatura dovuta al passaggio del rullo sulla garza.
Eppure in quelle elementari e raffinate geometrie color cielo, Klein aveva saputo racchiudere la magia dello spazio, la poesia del colore, il riflesso di una luce interiore e potremmo quasi dire ascetica, se non fosse che nelle sue profonde e impalpabili dissolvenze oltre che l'eco dell'anima si ritrova l'impronta della mente e uno scanzonato divertissement.
È Pierre Restany, nel suo testo introduttivo alla mostra del 1957, a varare il fortunato paragone tra il “Blu autonomo, disancorato da qualunque giustificazione funzionale” del pittore francese e il “Blu-Signore, padrone assoluto della più definitiva tra le frontiere liberate” del Giotto della Basilica di Assisi. Con quel colore Klein cospargerà i corpi delle sue modelle per farne delle impronte (Anthropométrie), lo depositerà su spugne marine per ricavarne sculture lunari (Sculpture éponge bleue) e lo userà come una seconda pelle su copie di statue classiche privandole magicamente del loro peso corporeo (L'Esclave de Michel-Ange, 1962).
È difficile che Klein e Restany potessero saperlo, nonostante i ripetuti soggiorni di entrambi in Italia fin dalla fine degli anni quaranta, ma di “blu Giotto” era dipinto, già nel 1951, il soffitto della spaziale installazione, Struttura al neon, ideata da Lucio Fontana per lo scalone della IX Triennale. E Fontana è proprio il primo acquirente di una delle Proposte monocrome esposte da Apollinaire. Con Klein Fontana sentiva di poter condividere molte intuizioni, non ultima quella di uno spazio infinito, aperto sul vuoto e sulla luce. A quella data, infatti, il maestro argentino aveva già oltrepassato la tela con buchi e tagli, aveva codificato lo Spazialismo in manifesti, mostre e raccolto numerosi proseliti, aveva concepito l'idea di un'arte che fosse ambiente e una ricerca che contemplasse la luce e l'aria come parti attive e vive della materia.
Due percorsi paralleli, quelli di Klein e Fontana, che a tratti s'incontrano e che dialogano lungo un tempo di cinque anni (1957-1962) e un itinerario che coinvolge soprattutto due città: Milano e Parigi. Un confronto che viene ora storicamente e filologicamente ricostruito attraverso 90 opere e una ricchissima documentazione di fotografie, filmati d'epoca e carte d'archivio nella bella mostra che si apre oggi al Museo del Novecento di Milano e che sarà visitabile fino al 15 marzo 2015.
Klein Fontana. Milano Parigi 1957 - 1962
Milano, Museo del Novecento
22 ottobre - 15 marzo 2015
per informazioni: www.museodelnovecento.org/