"Un uomo sull'orlo del baratro. Piangeva, si disperava. Confidava molto nell'accoglimento di questa nostra istanza". Lo ha riferito l'avvocato Claudio Salvagni, legale di Massimo Giuseppe Bossetti, subito dopo l'incontro con il muratore di Mapello a cui ha comunicato la decisione dei giudici di Brescia sul l'istanza di scarcerazione presentata al tribunale del riesame dopo il no del Gip di Bergamo. Bossetti che, tra l'altro, ha ribadito la propria estraneità ai fatti: "Io sono innocente, sono innocente e non so più cosa fare per dimostrarlo".
Il tribunale di sorveglianza di Brescia ha infatti detto no. Massimo Giuseppe Bossetti resta in carcere. Nessun particolare è emerso sui motivi che hanno convinto un collegio di tre giudici del tribunale del Riesame a decidere di non accogliere l'istanza di scarcerazione presentata dai legali del muratore di Mapello. "Sappiamo che non si tratta di una impresa difficile, abbiamo perso una battaglia, ma continueremo a portare avanti le ragioni del nostro cliente che sappiamo innocente", hanno detto i legali Claudio Salvagni e Silvia Gazzetti.
I due avvocati avevano dato disponibilità affinché all'uomo accusato dell'omicidio di Yara fosse messo un braccialetto elettronico ai domiciliari, pur di farlo uscire dal carcere di Bergamo dove si trova dal 16 giugno scorso.
Sembrano non essere in dubbio i gravi indizi di colpevolezza a causa di quella traccia di Dna isolata sul corpo della 13enne e attribuita al muratore di Mapello, ma per consentire la carcerazione preventiva è necessario che questi siano associati al pericolo di fuga o al concreto rischio di reiterazione del reato, oppure all'inquinamento delle prove.
Quale di queste tre condizioni sia stata presa in considerazione ancora non è stato chiarito. I tre giudici potrebbero anche avere deciso che - come ha stabilito recentemente la Cassazione - la carcerazione preventiva possa sussistere anche solo in presenza di gravi indizi di colpevolezza, come appunto il Dna.