"Pareidolia". Quel fenomeno per cui ognuno può vedere in una cosa una figura che altri non vedono, come un volto umano in una nuvola o nel profilo di una montagna. Ma anche il titolo del nuovo album di Marina Rei, frutto della collaborazione dell'artista romana con Giulio Ragno Favero (Il Teatro degli Orrori). "E' un termine inusuale che mi è piaciuto da subito perché mi dà un'idea di libertà" dice Marina a Tgcom24.
Se "La conseguenza naturale dell'errore", del 2012, aveva inaugurato per Marina una stagione di confronto e collaborazione con alcuni dei nomi più interessanti della nuova generazione di autori italiani (da Pierpaolo Capovilla a Riccardo Sinigallia e Paolo Benvegnù), per "Pareidolia" la cantante romana si è affidata a Giulio Ragno Favero, che non solo ha curato la produzione dell'album ma ha scritto con la Rei tutti i pezzi. Ne è uscito un lavoro dal taglio complessivamente rock ma dalle molte sfumature, dove trova spazio persino un'incursione nell'hip hop.
Come è nata la collaborazione con Favero?
Nel 2012 ho fatto un brano con Pierpaolo Capovilla (cantante del Teatro degli Orrori - ndr) e Giulio ne ha curato il remix. Da lì abbiamo avuto modo di conoscerci, io sono stata ospite in qualche concerto del Teatro degli Orrori e lui ha visto alcuni miei show. È stato bello vedere una persona musicalmente valida come lui insistere perché facessi un disco che mostrasse più chiaramente quello che sono.
E' stato difficile allineare le vostre diverse sensibilità in fase di scrittura?
Ci sono stati momenti in cui io ho conosciuto il suo modo di scrivere e lui il mio. A volte ho ho scritto delle canzoni piano e voce e lui ci ha lavorato a livello di produzione e arrangiamento portandole su strade completamente diverse da come me le ero immaginate. In altre situazioni è successo il contrario. La cosa bella è questa: nonostante la diversità dei punti di partenza il punto di arrivo è stato incredibilmente unico, non si sentono diversità.
Tra l'altro tu sei batterista e lui bassista: una sezione ritmica perfetta...
Questa cosa è fighissima, perchè si è creato un vero e proprio incastro. È stato stimolante sia per lui che per me. Io ho un suono di batteria e un modo di suonare diverso dai batteristi con cui lavora lui e viceversa, studiarci e allinearci ai rispettivi stili è stato un bell'esercizio.
Il disco presenta diverse influenze. Come mai hai deciso di sperimentare con l'hip hop?
Ho avuto modo di sentire il lavoro di Zona MC. E' un rapper con una grande originalità nel modo di scrivere e molta saggezza nello scegliere le parole. Mi ha subito fatto scattare qualcosa perché usa una metrica unica e ha un livello intellettuale è molto alto. Il brano Pareidolia di per sé ha un arrangiamento rock ed elettronico e questo inserto rappato crea un contrasto che credo sia molto bello.
Non hai avuto il timore che il titolo dell'album potesse risultare difficile?
Ne ero certa! Anche se oggi come oggi non esiste più una regola quindi ogni titolo potrebbe essere fonte di discussione. Ma mi ha stuzzicato l'idea che qualcuno, incuriosito, potesse andare a cercarsi cosa vuol dire. E poi mi dà un grande senso di libertà. Perché partendo dal significato ognuno in qualche modo può scorgere ciò che vuole e può trovare la bellezza dove un altro non la vede.
Oggi ti muovi da artista indipendente. Fossi stata ancora con una major avresti potuto usare un titolo di questo tipo?
Ne dubito fortemente Mi avrebbero detto che era un titolo troppo complicato. Ormai ci sono delle dinamiche chiare nella discografia: tutto deve essere fresco, frizzante, veloce... Ed è chiaro che un titolo così creerebbe dei problemi.
Come ti trovi in questa condizione?
Il mercato discografico è completamente cambiato. Essere indipendenti da una parte è una necessità. Prima di tutto creativa: non hai legami, non hai nessuno che cerca di correggerti musicalmente per compiacere un certo tipo di mercato o un certo tipo di strategia di marketing o mediatica. E poi preferisco essere considerata, nel bene o nel male, per il mio valore di musicista e non come un personaggio televisivo. Sono personaggio in quanto artista, non ho bisogno di essere in qualche modo deviata.
Immagino che però sia difficile muoversi senza avere alla spalle una grossa etichetta.
E' evidente che bisogna fare degli enormi sforzi. Fare tutto da soli richiede un grosso impegno artistico e anche economico. Ma in questo modo le spalle diventano belle forti: devi avere consapevolezza del percorso che hai intrapreso.