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Febbre Usa per Fahrenheit 9/11

Si punta ad abbassare la censura

"Fahrenheit 9/11" il documentario di Michael Moore sulla guerra in Iraq, arriva il 23 giugno nelle sale newyorkesi. Ma la battaglia contro la "censura", il film è stato vietato ai minori di 17 anni non accompagnati, è tutt'ora aperta. A Los Angeles i distributori del film cercheranno di ottenere l'abbassamento del divieto ai minori di 13 anni. I bookmaker parlano già di un successo annunciato con incassi pari a 60-70 milioni di dollari.

 La decisione della Commissione dell'MPAA per il divieto ai minori di 17 anni non accompagnati sarebbe dovuta all'eccessiva presenza nel film di immagini violente, come corpi mutilati e bambini feriti, e di un linguaggio scurrile, incriminata  è soprattutto una sequenza in cui un soldato americano in Iraq ripete con insistenza una parolaccia. L'ex governatore dello Stato di New York, Mario Cuomo, oggi rappresentante legale di Moore ha spiegato, però, che il tutto si limiterebbe a soli 3 minuti su 2 ore di film. Cuomo non sarà tuttavia presente al dibattimento, "perché - motiva l'MPAA - in quanto impegnato fin dal principio nella realizzazione di "Fahrenheit 9/11" sarebbe troppo di parte".

Intanto i rappresentati del regista fanno sapere che Moore non ha apportato alcuna modifica o taglio al suo documentario, che attacca esplicitamente il Presidente Usa George W. Bush, accusato di aver strumentalizzato la tragedia dell'11 settembre e di aver permesso alla famiglia di Bin Laden si abbandonare gli Usa all'indomani del crollo delle Twin Tower, oltre ad avere manipolato la questione del terrorismo per spaventare gli americani e conquistare consensi per la guerra in Iraq.

Da parte sua Moore ha detto di voler essere ricordato come l'autore del primo film "elettorale" in grado di spodestare un Presidente. "E non è solo una speranza" chiarisce il regista vincitore di un Oscar con "Bowling a Columbine" e della Palma d'Oro
proprio con "Fahrenheit 9/11". Mai prima d'ora un documentario aveva sollevato un polverone simile, scatenando un vero e proprio dibattito politico a più voci non solo negli Stati Uniti ma anche all'estero. Sono, infatti, in molti a credere (e temere negli ambienti vicini a Bush) che il filmato possa realmente influenzare le decisioni di voto degli americani in vista delle elezioni presidenziali di novembre.