"L'ipotesi di una discesa del tasso di disoccupazione ai livelli pre-crisi, intorno al 7%, sembra irrealizzabile perché richiederebbe la creazione da qui al 2020 di quasi 2 milioni di posti di lavoro". Lo rileva il Cnel, simulando diversi scenari occupazionali, nel Rapporto sul mercato del lavoro. "Il tasso di disoccupazione 'allargato' è giunto a superare il 30% nel 2013, senza peraltro mostrare segnali di rallentamento nella prima parte del 2014".
"I progressi per il mercato del lavoro italiano non potranno che essere molto graduali". Il sistema, si legge nel Rapporto sul mercato del lavoro, "potrebbe iniziare a beneficiare di un contesto congiunturale meno sfavorevole non prima dell'inizio del 2015". E questa rappresenterebbe, sottolinea il Cnel, già "la migliore delle ipotesi".
Potere d'acquisto indietro di un decennio - Il potere d'acquisto dei salari "ha registrato un significativo incremento nelle prime fasi della crisi e una caduta altrettanto marcata negli anni successivi, che ne ha riportato il valore sul livello della metà degli anni duemila". Guardando all'intera "massa salariale", il Cnel stima una perdita complessiva del 6,7% tra il 2009 e il 2013. In pratica è come se si fosse tornati indietro di quasi un decennio. Si tratta dell'effetto combinato, precisa il Cnel, dell'andamento "cedente dei salari reali" sommato a un'occupazione in caduta.
Nel 2014, invece, abbiamo assistito a un'accentuata discesa dell'inflazione. E, si legge sempre nel Rapporto, "paradossalmente, i salari reali potrebbero registrare quest'anno una variazione positiva". Ma per il resto i prezzi in arretramento non sono un toccasana per l'economia. "La deflazione può aggravare la crisi nei paesi più indebitati perché - spiega - i tassi d'interesse europei sono oramai prossimi a zero e, quindi, ad un'inflazione che si riduce corrisponderebbe un livello dei tassi d'interesse in aumento in termini reali".
Bisogna creare 2 milioni di posti - "Le tendenze del mercato del lavoro italiano nel medio termine delineano esiti preoccupanti". Questa l'analisi del Cnel, che in merito all'incremento di due milioni di posti di lavoro in Italia afferma che sarebbe possibile soltanto se si manifestasse una forte discontinuità nella crescita dell'economia italiana". Tutte le ipotesi elaborate usano gli scenari demografici dell'Istat, per cui il tasso di popolazione tra i 15 e i 67 anni nei prossimi sette anni resterà sostanzialmente stabile. In pratica per frenare l'aumento dirompente della disoccupazione, sarebbe necessario comunque un incremento dell'occupazione da qui al 2020 di 582 mila posti di lavoro.
Uno scenario intermedio invece sarebbe quello in cui il tasso di disoccupazione scenda su valori intorno al 10%. In questo caso, però, si tratterebbe di "un obiettivo che richiederebbe uno sforzo notevole, perché comporterebbe la creazione nei prossimi sette anni di quasi 1,2 milioni di posti di lavoro aggiuntivi (pari ad un tasso medio annuo di crescita dell'occupazione dello 0,7%).
Disoccupazione "allargata" oltre il 30% - Secondo il Cnel "la crisi ha provocato un forte aumento non solo della disoccupazione in senso stretto, che si riferisce ai senza lavoro che compiono azioni di ricerca attiva, ma anche del numero di sottoccupati e delle persone che hanno interrotto l'attività di ricerca perché scoraggiati o perché in attesa dell'esito di passate azioni di ricerca". E talvolta chi lavora non se la passa molto meglio, se si considera che "la quota di lavoratori a basso reddito è aumentata negli anni della crisi, superando nel 2011 i 2 milioni e 640 mila", stima sempre il Cnel analizzando l'occupazione dipendente e spiegando che la soglia di povertà sotto la quale i lavoratori sono considerati "working poor" risulta pari a 6,9 euro l'ora. Guardando alle percentuali si tratta dell'11,7% degli occupati dipendenti. Tra gli autonomi, invece, la quota dei poveri risulta pari al 15,9%, per un totale di circa 756 mila lavoratori. La quota di "working poor" in Italia risulta tuttavia inferiore alla media Ue, pari al 17%.