Vi abbiamo raccontato la mattina del secondo giorno della Milano Fashion Week, ed ora è tempo di affrontare il pomeriggio. Se le cose erano sembrate complicate con primavera/estate di Prada, in serata il clima è stato stemperato dal defilè di Moschino, dove il designer americano Jeremy Scott ha mandato in passerella la sua Barbie esagerata e super cotonata. Prima di lui, avevano sfilata la ragazza boho di Blugirl, quella minimal ma dall'appeal rock di Costume National e la determinata signora di Ports 1961. Ecco nel dettaglio tutte le collezioni.
Un omaggio a Barbie, dicevamo, chiassoso e divertente come solo Jeremy Scott - il designer americano alla direzione artistica di Moschino da un anno - sa fare. "Tutti amano Barbie - ha dichiarato nel backstage - Lei ha fatto tutte le professioni possibili, ha indossato ogni tipo di look." E come dargli torto in effetti! Fa un certo effetto vedere sfilare bambole in carne ed ossa, abbigliate esattamente come molti di noi agghindavano le Barbie da piccoli: il logo Moschino è ovunque, dagli zaini in spugna all'intimo, dalle felpe alle cinture, gli abiti da sera sono eccessivi, il trench è impreziosito da grandi bottoni e nessuna rinuncia all'immancabile foulard da diva annodato sotto il collo. Gli accessori renderanno felici le fan dello stile eccentrico di Scott, che almeno in quanto a spirito naif, può essere considerato degno erede di Franco Moschino, al quale è sempre piaciuto farsi beffe di quella moda che si prende troppo sul serio.
Per la sua Blugirl, invece, Anna Molinari sceglie un mood dove le ispirazioni anni Settanta convivono con il revival Novanta che impazzava durante le ultime stagioni. Così i mini-dress ricamati si portano con la camicia a scacchi annodata in vita, l'abito lungo si abbina agli stivaletti e al berretto di lana in testa. Per la sera, ancora lungo in paillettes minuziosamente intarsiate a formare ricami floreali, con scollatura profonda. Capelli raccolti e make-up naturale per una collezione rivolta alle giovanissime.
Tutt'altra atmosfera, invece, da Costume National. Ancora una volta Ennio Capasa si rivolge al mondo della musica - da sempre fonte di grande ispirazione per lo stilista pugliese - per la collezione primavera/estate del suo marchio, ritornato a sfilare a Milano da un anno dopo vent'anni passati nel calendario parigino. Anche da Costume regnano incontrastati gli anni Settanta, in una versione riveduta e corretta, in accordo con lo spirito minimal e rigorosamente no logo del brand. Grande protagonista il suede, utilizzato per morbidi pantaloni attraversati da grandi allacciature in pelle, per giacche e trench. Per la sera, mini-tuta con spallina asimettrica e frange lunghissime a scoprire le gambe, look non proprio per tutti.
E arriviamo così a parlare di Ports 1961, marchio canadese ormai appuntamento consolidato della fashion week milanese. Disegnato da Fiona Cibani, presenta una collezione particolarmente riuscita dove a vincere è una femminilità determinata che non rinuncia alla sensualità. Linee austere che cadono però con morbidezza sul corpo, completi manlike che non perdono un grammo della loro eleganza, zoccoli con zeppa che slanciano la figura: l'ispirazione era Artemide e, di fatto, una certa fierezza dell'essere donna si percepisce. Menzione speciale per tagli e rifiniture: assolutamente perfetti.
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