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Milano Fashion Week, è il turno di Prada. In bilico tra perfezione e provocazione

In un deserto viola allestito per l’occasione, va in scena una collezione austera e provvisoria, tra richiami anni ’70 e accostamenti sempre, volutamente, sfidanti

Miuccia Prada è conosciuta per le sue provocazioni intellettuali e per l'uso inaspettato che ha sempre fatto della moda nel corso degli anni. Ecco perché la sfilata Prada è un vero e proprio evento all'interno del calendario della settimana della moda milanese, atteso con trepidazione da tutti gli addetti ai lavori. Non ha fatto eccezione la primavera/estate 2015, andata in scena all'interno di un enorme deserto viola, allestito nel quartier generale del marchio in via Fogazzaro, deserto che ha contribuito a creare un'atmosfera lunare ed estraniante. Quasi storditi dal profumo di lavanda, gli ospiti hanno assistito ad una collezione volutamente sbagliata dove, come sempre, tutto è capovolto: il prezioso si accosta alla rifinitura incompleta, il nero viene interrotto da inafferrabili patchwork che confondono le idee.

Ad aprire il defilè, la top australiana Gemma Ward, che si era ritirata dalle scene all'età a soli vent'anni nel 2007 e che ritorna ora sulle passerelle. Dopo di lei, si susseguono una serie di look neri con le cuciture a contrasto, che disegnano insoliti giri sui trench e abiti al ginocchio, mentre lunghi calzini fuoriescono dai sabot con le zeppe, in una sovrapposizione di tessuti e fantasie dall'allure Seventies.

Gli orli sono incompiuti e vengono volutamente lasciati a sfilacciarsi, come a dare l'idea del lavoro artigiano che un capo d'alta moda necessita. Ed è proprio questa sovrapposizione, man mano che la sfilata procede, a farsi via via più evidente, con accostamenti di materiali tra loro differenti per texture e qualità. Nelle gonne ad A si incontrano e si mixano pelle, suede, ma soprattutto broccati e damascati opulenti, appositamente realizzati secondo il metodo tradizionale, di cui Miuccia Prada è depositaria grazie alla sua famiglia.

Non è difficile immaginare il successo dei bauletti in coccodrillo nero o degli stivali/zoccolo come anche, per le più coraggiose, dei calzini a vista. Un gioco di tappezzeria, allora, come solo la schiva designer può permettersi di fare, quasi avesse a che fare con il rinnovo del vecchio divano o delle tende.

La colonna sonora, elemento mai trascurabile quando si parla di Prada, era Kiss Me, tratta dal film di Marie Losier The Ballad of Genesis and Lady Jaye (2011), che racconta la storia del musicista inglese Genesis Breyer P-Orridge, figura chiave dell'industrial nonché pioniere dell'acid house, e di sua moglie Lady Jaye. È la storia difficile e travagliata, incompiuta anch'essa, di due persone che scelgono di fondersi, letteralmente, l'una nell'altra in un progetto artistico e di vita che loro stessi chiameranno “Pandrogyne.”

Rinnovarsi, prendere nuove forme a partire da quelle vecchie, diventare altro: a Miuccia Prada piace prendersi gioco dello spettatore, del consumatore, spingendolo a riflettere quando meno se lo aspetta. Se poi non ci riesce, dalla sua rimane l'ironia dei dettagli sbagliati, incompleti: in fondo, è solo di moda che stiamo parlando.

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