Segantini è stato un artista in bilico: fra tradizione e innovazione, fra più Paesi senza essere cittadino di nessuno, fra metropoli e natura, fra un'infanzia alla Dickens e una vita adulta lussuosa. Uno degli artisti più pagati del suo tempo, ricco e famoso, dopo la morte è stato relegato all'ambito della pittura provinciale e all'estero è tutt'ora quasi sconosciuto. Oggi per la prima volta un'importante retrospettiva ricostruisce la vita e l'opera dell'uomo che amava definirsi "l'orso della montagna".
Giovanni Segatini (la n verrà aggiunta in seguito dall'autore, anche a segno di cesura con il passato) nasce da una famiglia poverissima in provincia di Trento nel 1858, cittadino austriaco. Il padre è un venditore ambulante, la madre dopo il parto non si ristabilirà mai completamente. Resta orfano di entrambi a otto anni. Lasciata l'Austria, viene affidato ai fratellastri di Milano, ma finisce presto in riformatorio. Lavora come garzone di bottega e infine, scoperto il suo innato talento, approda all'Accademia di Brera.
Resterà a Milano per 17 anni, cruciali per la sua formazione: nella città in fermento dopo l'Unità, Segantini conosce e assimila il pensiero degli Scapigliati, poi il Divisionismo e il Simbolismo. Milano resterà sempre una "finestra sul mondo dell'arte" per Segantini, quel mondo che gli è inaccessibile in quanto apolide. Non ha un passaporto, gli è stata ritirata la cittadinanza austriaca e quella italiana non gli arriverà mai. Non potendo andare all'estero deriva una formazione del tutto particolare: conosce i capolavori del passato solo in foto in bianco e nero. Ma la sua riflessione sull'arte è profonda e i suoi scritti teorici brillanti, anche se sgrammaticati. Da quasi analfabeta, intraprende un sua personale riflessione estetica.
Ma rifiuta l'idea di vita metropolitana per trasferirsi in Brianza, quasi per ritrovare il mondo perduto quand'era bambino, poi in Svizzera a Savognino dei Grigioni e infine in Engadina. Qui termina il suo pellegrinaggio alla ricerca del luogo più affine alla natura sognata. Lontano dalle città non vive però da eremita, anzi: nonostante i guadagni conduce uno stile di vita che lo tiene costantemente sul lastrico. A Segantini non interessa la pittura sociale, del contadino come eroe: gli interessa la natura, con chi la abita, gli orizzonti infiniti, lontani dall'umano. Le figure vivono in secondo piano, solitarie, assimilate ad animali o assorbite dal paesaggio, che diventa simbolo.
Anche la tecnica di pittura proviene dalla natura che ha davanti: alle atmosfere nebbiose della Brianza corrisponde una pittura più sfumata. Sulle Alpi svizzere attraverso la luce e l'aria brillante approda in pochissimo tempo al divisionismo: ecco sulla tela lunghi filamenti di colore puro, che esaltano la luce: "Il mescolare i colori sulla tavolozza è una strada che conduce verso il nero; più puri che saranno i colori che getteremo sulla tela, meglio condurremo il nostro dipinto verso la luce, l'aria e la verità..."
Segantini. La mostra
A cura di Annie-Paule Quinsac
Milano, Palazzo Reale dal 18 settembre al 18 gennaio
Per informazioni: 0292800375