C’è qualcosa, nelle prime battute di Ghost of Tsushima, che ti colpisce: l’isola è solo la prima tappa di un assedio su vasta scala che l’esercito mongolo, guidato dall’ineluttabile Khotun Khan, ha pianificato per mettere a ferro e fuoco e conquistare la Terra del Sol Levante. La nuova esclusiva PlayStation sviluppata da Sucker Punch Productions, già autori di inFamous: Second Son su PS4, ci proietta nel mezzo di uno dei momenti storici più sanguinosi e violenti della tradizione nipponica: la prima invasione mongola del Giappone.
Il team statunitense sceglie di narrare una storia lontana dalla propria cultura, attingendo dalla passione per il mito dei samurai, per la filmografia di Akira Kurosawa, per l’amore nei confronti di scorci che solo quelle terre sanno offrire. Lo fa attraverso una epopea ambientata in un open-world (un mondo virtuale completamente esplorabile) basato sull’isola che dà il nome al gioco. Uno scenario imponente che impareremo a conoscere nei panni di Jin Sakai, ultima speranza per il popolo di Tsushima: un samurai costretto a cambiare la sua natura per scacciare l’oppressore e restituire la libertà ai suoi fratelli.
C’è qualcosa, nelle prime battute della nuova produzione di Sucker Punch, che ti lascia col fiato sospeso: al calar del sole, le truppe mongole sono finalmente pronte ad attaccare. Un gruppo di irreprensibili samurai si appresta a difendere strenuamente la propria terra puntando sull’unica filosofia concepita dallo shogun: la via dell’onore. A uno a uno, come canne di bambù recise dalla lama affilata di una katana, i samurai cadono, devastati da un nemico che ha studiato attentamente ogni loro mossa e conosce perfettamente strategie, tecniche offensive e possibili contrattacchi. A uno a uno, come i petali dei fiori di ciliegio che colorano le strade, i samurai esalano l’ultimo respiro, lasciando gli indifesi abitanti dell’isola in balia di conquistatori spietati e implacabili.
Tsushima è sconfitta, il suo jitō Lord Shimura è catturato dai mongoli, Jin resta inerme a osservare la disfatta del suo popolo. Sa che per riprendersi l’isola dovrà fare qualcosa di più che combattere come un semplice samurai. Abbandonando i suoi principi, Jin parte alla volta di un viaggio lungo e tortuoso che lo vedrà trasformarsi in uno Spettro: un guerriero che combatte senza onore, pronto a massacrare i nemici alle spalle, a lottare nell’ombra, a ricorrere a mezzi eticamente lontani dalla condotta imposta dal bushido.
IL FANTASMA DI TSUSHIMA - Tra samurai e spettro, tra onore e mera sopravvivenza, il giocatore guida Jin attraverso un viaggio lungo oltre trenta ore durante il quale assiste alla sua mutazione interiore. Ne comprende le ideologie, le paure, i dubbi e i contrasti morali che lo assillano puntualmente. Con lui, raggiunge la consapevolezza che quella intrapresa sia l’unica strada per garantire che il suo popolo veda la luce di un nuovo giorno. Quella di Ghost of Tsushima è una storia che può donare momenti intensi e attimi di una bellezza mozzafiato, ma che sfortunatamente fallisce nel tentativo di creare un mondo capace di coinvolgere dall’inizio alla fine dell’avventura. Un mondo che, seppur caratterizzato da una varietà di scenari e da una direzione artistica di rara qualità per i videogiochi del genere open-world, non riesce a dar vita a un’epica coesa (e coerente) per tutta la durata della campagna.
L’intera sceneggiatura, divisa nei consueti tre atti, si basa su una serie di missioni chiamate Racconti: alcuni opzionali e capaci di svelare nuovi tasselli sui personaggi o sui miti del folklore giapponese, donando in cambio nuove tecniche e armature leggendarie; altri che prevedibilmente portano avanti la storia principale prima del gran finale, dalla ricerca di nuovi alleati con cui Jin può affrontare l’esercito del Khan, alla necessità di fronteggiare il proprio passato e accettare i fantasmi che tormentano la mente dell’ultimo membro del clan Sakai, in un continuo avvicendarsi tra passato e presente.
Questa progressione, però, è scandita da una struttura se vogliamo eccessivamente libera, che rende difficoltoso per il giocatore riuscire a seguire le tante sottotrame legate ai vari personaggi che incontrerete sull’isola. Se per orientarsi nel canovaccio studiato da Sucker Punch è sufficiente seguire il diario di Jin, capita spesso di imbattersi in racconti slegati dalla storyline e parte di una struttura consecutiva che, però, mette a disposizione immediatamente tutti gli atti di quel particolare racconto senza bisogno di aver completato quelli precedenti. Così facendo, non sono rari i momenti in cui ci si ritrova nella quinta o sesta missione legata a un particolare alleato senza aver nemmeno affrontata la prima, perdendo così un flusso di dettagli e avvenimenti potenzialmente in grado di impreziosire una sceneggiatura che, a conti fatti, risulta sfortunatamente senza infamia e senza lode.
Vuoi per un’organizzazione e scansione dei racconti confusa, vuoi perché in fondo la varietà delle missioni è quella che è, Ghost of Tsushima non riesce a colpire dal punto di vista narrativo, risultando privo di mordente: tra fasi in avanscoperta, investigazioni, infiltrazioni stealth e continui assalti al fortino, il gioco di Sucker Punch Productions finisce con l’esaurire buona parte dell’effetto novità dopo una manciata di ore, costringendo il giocatore a proseguire quasi per inerzia basandosi solo ed esclusivamente sulle gioie di un combat system che funziona particolarmente bene e assicura nel 90% dei casi totale libertà nella scelta dell’approccio.
UN MONDO DA SCOPRIRE - Esplorando l’ambientazione, a piedi oppure a cavallo (richiamabile con la pressione di un tasto), ci si imbatte in villaggi, edifici e castelli in mano all’esercito mongolo, che il nostro Jin dovrà liberare per riprendere lentamente il controllo dell’isola. Al giocatore la possibilità di affrontare i combattimenti nello stile che preferisce: come uno spettro, sfruttando tecniche evasive e furtive, ma anche approcci non convenzionali (ad esempio, l'uso di una cerbottana capace di avvelenare i nemici); oppure come un samurai, basandosi su un sistema di combattimento variegato fatto di parate, schivate, armi dalla distanza e le immancabili katane, ma anche di confronti a viso aperto (scanditi da una regia particolare, che enfatizza la sfida e premia il giocatore che saprà sguainare la spada col giusto tempismo) e i bellissimi duelli in cui si affronta l’avversario in una letale danza di sangue e acciaio.
Si può scegliere di sfidare l’intera truppa presente in zona, optando per un confronto in inferiorità numerica in cui diventa fondamentale scegliere la tecnica più adatta per fronteggiare nemici dotati di scudo, arcieri o veri e propri colossi: basta premere una combinazione di tasti per cambiare “forma” in corsa, adattando così la postura e il modo in cui Jin attacca e difende. Tali forme possono essere apprese osservando i generali mongoli o sconfiggendoli in battaglia, e una volta sbloccate possono essere potenziate in cambio dei punti esperienza ottenuti al completamento delle varie missioni. Il sistema di progressione, in tal senso, diventa molto accessibile pur offrendo un gran numero di variabili: il giocatore può personalizzare i vari stili di Jin, arrivando così a sbloccare nuove combo, oppure migliorare l’efficacia in fase di parata e schivata, il tutto sfruttando una singola risorsa. Niente male.
È possibile potenziare i gadget ottenuti con la naturale progressione della campagna, oppure ottenerne di nuovi e più potenti man mano che aumenta la propria reputazione nell’isola di Tsushima. Aspetto che, peraltro, consente inoltre di sbloccare nuove tecniche dello Spettro e di conseguenza nuovi modi di approcciarsi al combattimento, anche grazie alle varie armature ottenibili nel corso della storia e potenziabili dai mercanti in cui ci imbatteremo sull’isola di Tsushima. La somma di questi elementi rende il combat system molto più profondo di quanto non potesse apparire a primo impatto, una vera gioia per gli amanti dei combattimenti all’arma bianca, specialmente quando si aggiungono le opportunità offerte dal sistema di Concentrazione, che consente a Jin l’opportunità di recuperare energia o sfruttare tecniche speciali per sbarazzarsi velocemente di un avversario.
Il team di sviluppo ha deciso di inserire una serie di attività collaterali per aumentare le statistiche del protagonista, dall’energia massima, che può essere aumentata scovando le sorgenti termali, alla succitata barra della Concentrazione, ampliabile completando una serie di minigiochi basati sulle canne di bambù, da affettare precisamente in un colpo solo. Il mondo di Tsushima è letteralmente pieno di questi elementi secondari, che pescano a piene mani dalla tradizione e dal folklore giapponese: templi nascosti consentono di scovare amuleti da applicare al personaggio per un boost in combattimento o negli attacchi furtivi; gli haiku donano respiro tra un combattimento e l’altro, permettendo al giocatore di ammirare le meraviglie dell’isola componendo poemi; i grilli canterini nascosti nei pressi dei cimiteri consentono di sbloccare nuove canzoni che Jin potrà suonare col suo flauto… insomma, c’è tanto da scoprire per coloro che sceglieranno di lasciarsi andare all'esplorazione di Tsushima.
IL VENTO COME GUIDA - Per orientarsi in uno scenario così ampio e ricco di opportunità da scovare, il team di sviluppo ha studiato nell’interazione con la natura il modo migliore: il vento permette di scoprire la direzione da seguire e può essere persino potenziato per scovare risorse, fiori (utili per acquistare nuovi decori per le armi e armature) o manufatti mongoli, con cui sbloccare nuovi tasselli della storia di due popoli in guerra. Le volpi, che incontrerete di tanto in tanto mentre esplorate Tsushima, vi guideranno alla scoperta di santuari dove ottenere amuleti per personalizzare gli effetti dei propri attacchi, mentre gli uccelli dorati vi permetteranno di scorgere eventuali segreti non ancora individuati. Insomma, Ghost of Tsushima offre tante attività, tante meccaniche che funzionano bene, tanti omaggi a una cultura lontana ma trattata con rispetto e cura, che tuttavia avrebbero potuto rendere al meglio con una sceneggiatura più costante e coesa e una struttura ottimale, capace di sfruttare al meglio un’ambientazione completamente esplorabile davvero degna di nota.
La stessa cultura proposta dai film di Kurosawa qui riproposta da Sucker Punch, con tanto di modalità che emula lo stile delle opere del regista, spogliando il comparto grafico dai tanti colori che lo contraddistinguono e riproponendo quel contrasto tra bianco, nero e grigio, quegli stessi effetti, quelle stesse sonorità alla base della sua filmografia. Ecco, se c’è un rimpianto su Ghost of Tsushima, è l’incapacità degli sviluppatori americani di offrire un comparto tecnico all’altezza di quello che, a inizio generazione, era stato inFamous: Second Son su PlayStation 4.
Il nuovo gioco della software house è bello da vedere, offre panorami mozzafiato e alcuni elementi particolarmente riusciti, ma fallisce nel proporre ai giocatori espressioni realistiche e coinvolgenti, animazioni adatte ai tempi che corrono e proposte senza soluzione di continuità. Ghost of Tsushima, per alcuni versi, sembra un gioco figlio di un altro tempo, lontano insomma dai nuovi canoni imposti da un’altra esclusiva di casa Sony, quel The Last of Us: Parte 2 che ha riscritto le regole ponendosi come nuovo punto di riferimento per l’industria dei videogiochi.
È un peccato, perché nonostante sia certamente un ottimo punto di partenza verso la creazione di un nuovo franchise di successo, Ghost of Tsushima non può essere considerato un capolavoro, né tantomeno un’esclusiva di valore equiparabile a quello di tanti altri titoli first-party proposti da Sony in questa generazione. Nonostante l’impatto grafico, nonostante la colonna sonora strepitosa, nonostante alcune idee molto riuscite, la storia dello spettro di Tsushima non riesce a conquistare come hanno fatto le epopee di Kratos e Atreus, la caccia post-apocalittica di Aloy, le avventure di Nathan Drake o più recentemente il secondo atto della storia di Joel ed Ellie. Speriamo che il team possa fare tesoro degli errori e proporre un sequel all’altezza delle aspettative e dell’enorme potenziale del brand.
Come lo abbiamo giocato
Abbiamo giocato a Ghost of Tsushima su PS4 grazie a un codice digitale fornitoci dal distributore. Abbiamo portato a termine la campagna dopo circa 30 ore trascorse sull'isola di Tsushima, durante le quali abbiamo completato parte delle storyline secondarie, affrontato alcuni racconti mitici e sbloccato di conseguenza tecniche di combattimento leggendarie che sono tornate molto utili in combattimento. Il gioco, disponibile in esclusiva su PlayStation 4 dal 17 luglio e dotato di completo doppiaggio in italiano, offre un ricco sistema di progressione che, durante la nostra prova, non siamo riusciti a sfruttare completamente: fortunatamente, nel mondo di Ghost of Tsushima c'è spazio anche per un end-game che consente di continuare a dare la caccia ai mongoli anche una volta che sarà terminata la storia principale, permettendovi di raccogliere tutti i collezionabili mancanti, portare a termine le missioni secondarie o indugiare nello splendido mondo di gioco facendo qualche scatto con la modalità fotografica.
Può piacere a chi…
… ama i giochi dotati di un combat system ricco e vario
… adora perdersi in un mondo mozzafiato ed esplorabile liberamente
… ha sempre amato le opere di Kurosawa e vuole vivere il mito dei samurai
Potrebbe deludere chi…
… non ama gli open-world "vecchia scuola" e preferisce esperienze più lineari
… si aspetta una storia coinvolgente e una narrazione efficace
… spera in un'esperienza coesa, ben amalgamata e avvincente dall'inizio alla fine
Ghost of Tsushima è un gioco consigliato a un pubblico maggiorenne.