L'Isis avrebbe chiesto un riscatto di 100 milioni di euro alla famiglia di James Foley e all'editore della sua testata, il "Global Post", in cambio del rilascio del giornalista. Lo scrive il Wsj, citando Phil Balboni, direttore del giornale online per cui lavorava il reporter decapitato. Sulla base di informazioni fornite dai Foley e da un ex ostaggio detenuto con lui, il Times fa sapere che gli Usa avevano rifiutato di pagare il riscatto.
Pontefice chiama i Foley: "Siamo commossi - Papa Francesco ha telefonato a John e Diane Foley, i genitori di James. "La famiglia, commossa, è grata", ha spiegato il sacerdote gesuita americano James Martin che è stato autorizzato a diffondere la notizia. James Foley, al pari dei genitori, era profondamente cattolico. Aveva studiato in un college gesuita e nei giorni di un suo precedente sequestro in Libia si era sostenuto psicologicamente recitando il rosario.
Sei nuovi raid aerei su Mosul - Dopo il discorso di Obama di ieri - il Commander in Chief aveva detto: "Quando viene fatto del male a degli americani, noi facciamo ciò che è necessario per far sì che venga fatta giustizia" - continuano gli attacchi delle forze Usa in Iraq contro le postazioni dello Stato Islamico (Isis).Lo ha reso noto il Comando centrale militare Usa (Centcom). Nelle ultime ore sono stati colpiti 6 obiettivi presso la diga di Mosul. Bombardieri e droni hanno distrutto o danneggiato 6 Humvee, un veicolo dell'Isis e postazioni per la realizzazione di bombe artigianali. Dall'8 agosto, precisa il Centcom, i raid aerei Usa in Iraq sono stati 90, 57 dei quali vicino alla diga di Mosul.
Altri tre americani a rischio - James Foley non era il solo americano nelle mani dell'Isis: i miliziani hanno minacciato di uccidere "almeno altri tre cittadini Usa" se le loro richieste non saranno accolte. Lo scrive il New York Times, citando interviste con sequestrati liberati di recente, membri delle famiglie e mediatori che cercano di ottenerne la libertà.
Ex ostaggio: "Foley trattato peggio perché americano" - "Foley era americano. Per questo veniva preso di mira di più dai carcerieri. Come una sorta di capro espiatorio". Il giornalista francese Nicolas Henin ha condiviso con il collega statunitense parte della prigionia in Siria. E' stato liberato ad aprile e racconta i lunghi mesi del sequestro: "Abbiamo passato diversi mesi insieme in una situazione estrema, compresa una settimana in cui siamo stati ammanettati l'uno all'altro, notte e giorno. In quelle circostanze si sviluppa un istinto di sopravvivenza per cui si arraffa tutto quello che si può. Ma lui condivideva tutto con gli altri: coperte, cibo. Tutto".