Durante il volo di ritorno dalla Corea, il Papa ha denunciato l'efferatezza delle guerre non convenzionali in corso nel mondo, segnalando un "livello di crudeltà spaventosa" di cui spesso sono vittime civili inermi, donne e bambini. "La tortura è diventata un mezzo quasi ordinario - ha detto il Santo Padre -. Questi sono i frutti della guerra. Siamo in guerra: è una terza guerra mondiale, anche se a pezzi".
E facendo riferimento all'Iraq, Francesco ha sottolineato che "dove c'è un'aggressione ingiusta è lecito fermare l'aggressore ingiusto. Sottolineo il verbo fermare, non bombardare o fare la guerra". E quindi si è detto "disposto ad andare in Kurdistan, c'è la possibilità". Ma il Papa ha rivelato che avrebbe anche "voglia di andare in Cina, anche domani" se si potesse.
Tornando poi sul tema dei conflitti, il Pontefice ha spiegato come l'incontro di preghiera in Vaticano con i presidenti israeliano e palestinese Shimon Peres e Abu Mazen "non è stato inutile, anche se oggi la situazione del conflitto in Terrasanta e ulteriormente degenerata". Con quella preghiera, ha sottolineato, "si è aperta una porta. Adesso il fumo delle bombe non ci fa vedere quella porta, ma il Signore la vede e quella porta c'è".
Infine, il Papa ha parlato anche della causa di beatificazione di monsignor oscar Romero, ucciso a San Salvador il 24 marzo 1980 per la sua presa di posizione contro il governo salvadoregno. "Monsignor Romero è un uomo di Dio - ha detto Francesco - e adesso i postulatori devono muoversi perché non ci sono impedimenti" alla conclusione della causa di beatificazione". Il Pontefice ha spiegato che la causa di Romero "era alla Congregazione per la dottrina della fede e adesso è passata alla Congregazione per le cause dei santi".