ANNIVERSARIO SPECIALE

35 anni fa il Live Aid, l'evento rivoluzionario che segnò un'epoca è ancora leggenda

Le star e i momenti indimenticabili di una maratona musicale irripetibile: due palchi, due città diverse per un grande concerto in contemporanea seguito da 2 miliardi e mezzo di telespettatori in 150 Paesi

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Il 13 luglio 1985 fu una giornata irripetibile nella storia della musica e della cultura. Bob Geldof e Midge Ure organizzarono un grande evento benefico per raccogliere fondi a favore dell’Etiopia vittima in quegli anni di una terribile carestia, il Live Aid. Le star del pop e del rock internazionale si ritrovarono al Wembley Stadium di Londra e al John F. Kennedy Stadium di Philadelphia per una maratona musicale lunga sedici ore: dai Queen a David Bowie, passando per Elton John, U2, Madonna, Paul McCartney, Led Zeppelin, Tina Turner, Bob Dylan e Rolling Stones (da un lato Mick Jagger solista, dall'altro Keith Richards e Ron Wood), solo per citare alcuni dei protagonisti.

Il Live Aid fu uno spettacolo sensazionale e senza precedenti: il rock poteva cambiare il mondo, fare la rivoluzione giusta. E a distanza di 35 anni continua ad essere celebrato e richiamato quando si tratta di organizzare e presentare eventi simili (almeno nelle intenzioni).

I NUMERI - L'evento fu trasmesso in 150 Paesi attraverso 16 ore di diretta e radunò 2 miliardi e mezzo di telespettatori. Al Wembley Stadium accorsero 72mila persone, 90mila, al JFK Stadium di Philadelphia. I concerti si chiusero con l'esecuzione di due brani che poi sarebbero stati distribuiti per beneficenza: in Inghilterra venne eseguita "Do they know it's Christmas", negli Usa "We are the world". Il risultato fu stupefacente: 150 milioni di sterline provenienti da tutto il mondo.

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LE PERFORMANCE DA RICORDARE - Phil Collins si esibì prima a Londra e poi anche a Philadelphia, volando sul Concorde della British Airways. Si riunirono sul palco i Black Sabbath originari, con Ozzy Osbourne alla voce. Cantando "Blowin’ in the wind" Bob Dylan ruppe una corda della chitarra e Ron Wood gli passò la sua. Così facendo rimase sul palco sprovvisto del suo strumento e si mise a suonare una chitarra immaginaria, fino all'arrivo di una sostitutiva. David Bowie eseguì “Heroes” dedicandola al suo giovane figlio, così come a “tutti i nostri figli, e i figli di tutto il mondo.” Paul McCartney tornò sulle scene dopo parecchi anni e canta "Let it Be", ma per un problema tecnico il suo microfono rimane spento per 2 minuti. Robert Plant, Jimmy Page e John Paul Jones si ritrovano sul palco (a Philadelphia) per la prima volta dopo la morte del batterista John “Bonzo” Bonham (con Phil Collins al suo posto). Elvis Costello eseguì, solo chitarra e voce, una commovente versione di "All you need is love" dei Beatles. George Michael ed Elton John duettarono con "Don’t let the sun go down on me". Gli U2 avrebbe dovuto suonare tre brani. Dopo "Sunday Bloody Sunday", durante l’interpretazione di "Bad", Bono scese dal palco e si mise a ballare con una ragazza, costringendo The Edge a un lungo assolo strumentale che portò la canzone a una durata totale di circa 12 minuti. Per motivi di spazio gli organizzatori dovettero tagliare così l’ultimo brano in scaletta, "Pride (In the Name of Love)". Ma probabilmente quella che però tutti ricordano come l’esibizione più importante dell’intero evento fu il set dei Queen: venti minuti infuocati inanellando "Bohemian Rhapsody", "Radio Ga Ga", "Hammer to Fall", e "We Are the Champions". La rock band britannica con questo live ottenne la definitiva consacrazione grazie a uno strepitoso Freddie Mercury.

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