L'Ebola ha contagiato anche lui. Sheik Umar Khan, 39 anni, virologo in Sierra Leone, è stato costretto ad interrompere il suo lavoro di medico proprio a causa del virus che cercava di combattere. "Farò qualunque cosa affinché sopravviva” ha dichiarato il ministro della Salute Kargbo, "è un eroe nazionale, passava 12 ore al giorno a salvare vite".
Lo stesso Khan in un'intervista rilasciata a giugno aveva raccontato di temere il virus: “Ho paura, devo ammetterlo, perché tengo alla mia vita. Noi operatori sanitari siamo esposti al contagio, essendo l'unico possibile approdo per i malati. Anche con l'abbigliamento protettivo, rischiamo costantemente”.
Di fatti, tre infermieri sono morti nei giorni scorsi. A seguito di questo avvenimento vi è stato anche uno sciopero del personale sanitario, terminato quando il governo ha concesso di spostare i pazienti dagli ospedali e di lasciare che Medici senza frontiere coordinasse gli sforzi.
Il medico portava avanti tenacemente la lotta contro l'Ebola, che nel paese africano ha già ucciso 206 persone (con 442 casi di contagio), in quanto non esistono vaccini per prevenirla, né tanto meno cure. Insieme alla Sierra Leone l'epidemia ha coinvolto anche Guinea e Liberia. Dallo scorso febbraio, secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, si contano 632 vittime e 1048 casi di contagiati.
I sintomi della malattia sono un'iniziale influenza che sfocia poi in gravi emorragie interne ed esterne. Il virus che si sta diffondendo, oltretutto, è quello più pericoloso tra i cinque. Si tratta dello Zaire Ebola virus, che uccide il 79 per cento delle persone infettate. Ci sono, comunque, alcuni fattori che stanno contribuendo alla sua diffusione, come segnalato anche dalla rivista scientifica "Lancet". Gli abitanti delle zone colpite non sono informati sulle modalità di protezione dal contagio e, peraltro, tendono molto a spostarsi con il rischio di portarlo in posti che ancora erano stati risparmiati dall'epidemia.