TEST DI LABORATORIO

Dai lipidi una nuova via per combattere le leucemie

Ricerca dell'Istituto San Raffaele di Milano finanziata dall'Airc

© ap-lapresse

I lipidi, ossia i grassi, possono aiutare a combattere i tumori del sangue. Questa la scoperta dei ricercatori dell'Irccs Ospedale San Raffaele di Milano, in collaborazione con l'Università di Basilea. I risultati sono stati pubblicati su Journal of Experimental Medicine. La ricerca, condotta grazie ai fondi stanziati da Airc, ha individuato una nuova classe di antigeni tumorali costituiti da lipidi per combattere le leucemie.

Uno strumento per riconoscere il tumore - La chemioterapia e il trapianto di midollo osseo sono, al momento, le armi a disposizione per combattere i tumori del sangue. Nonostante questi trattamenti, è possibile che le cellule leucemiche non rispondano alla terapia e inizino a diffondersi nuovamente. La ricerca introduce un nuovo concetto nell'immunologia dei tumori, fondamentale per i futuri sviluppi delle terapie: non solo le proteine, ma anche i lipidi espressi da cellule tumorali possono essere riconosciuti dal sistema immunitario, scatenando risposte protettive contro i tumori stessi.


Globuli bianchi "attrezzati" ad hoc - I ricercatori hanno fatto un ulteriore passo avanti per dimostrare che è possibile sfruttare questa nuova via di riconoscimento delle cellule leucemiche da parte del sistema immunitario per combattere le leucemie. Utilizzando il trasferimento genico, hanno “armato” dei linfociti T, un particolare tipo di globuli bianchi che entra in gioco quando siamo attaccati da un tumore, con i recettori specifici per gli antigeni lipidici presenti sulla leucemia. In questo modo i linfociti sono capaci di riconoscere e attaccare il tumore.

Paolo Dellabona, autore dello studio, spiega: "I risultati dimostrano che questo tipo di riconoscimento immunologico è in grado di controllare la progressione leucemica negli animali di laboratorio. Si può ipotizzare che ciò avvenga anche nell'uomo. Il nostro studio apre la strada a possibili trattamenti che potrebbero contribuire alla miglior prevenzione delle ricadute in pazienti sottoposti a trapianto di midollo".

Giulia Casorati, autrice dello studio, conclude: "Il passo successivo sarà verificare attraverso studi preclinici estremamente rigorosi l'efficacia e la sicurezza di questa terapia".