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Stefano Manzi, da stagista a manager in soli quattro anni ma in terra tedesca

La storia del 31enne di Montefiascone, oggi Country Manager di Trivago, la multinazionale della comparazione online degli alberghi

© ufficio-stampa

Se non fosse per il fiume imponente, il Reno, e per il clima continentale Düsseldorf potrebbe essere facilmente scambiata per Milano. La moda, la finanza, le società di comunicazione e le aziende dot-com abitano nella città più ricca di Germania.

Le opportunità di lavoro hanno inevitabilmente attirato anche frotte di italiani, così com'era successo tra gli anni Cinquanta e Settanta. Stavolta però, l'immigrazione non riguarda operai e artigiani, ma neolaureati, esperti di tecnologia e comunicazione, programmatori e creativi.

Stefano Manzi è uno dei 94mila giovani che - dice l'Istat - hanno lasciato il Paese negli ultimi cinque anni: 31 anni, originario di Montefiascone (13mila anime in provincia di Viterbo), una laurea in scienze politiche. Oggi è il Country Manager Italia di Trivago, il motore di ricerca gratuito specializzato nella comparazione dei prezzi degli hotel.

A Tgcom24 racconta: "Sono arrivato qui come stagista nel 2010. Dopo sei mesi ho ottenuto un contratto a tempo determinato e poi è arrivato l'indeterminato. In Italia sarei ancora uno stagista e avrei ottenuto la stessa posizione in non meno di 10/15 anni".

Davanti a prospettive di carriera così rapide e meritocratiche non c'è da stupirsi se tantissimi giovani sono disposti ad abbandonare la propria nazione per sfidare la fortuna in terra teutonica: "Dall'anno scorso - ammette Stefano Manzi - i cv arrivati dall'Italia sono triplicati. Segno che tanti laureati guardano oltre confine senza paura o rimpianti (a volte con rabbia, questo sì), per trovare finalmente un posto di lavoro all'altezza dei propri studi e delle proprie aspettative economiche".

Secondo gli ultimi dati Istat, sarebbero almeno 527mila i lavoratori atipici (leggi: precari) che svolgono lo stesso lavoro da almeno cinque anni e che si affiancano ai 6,3 milioni che, tra disoccupati e persone che vorrebbero trovare un impiego, non hanno un posto di lavoro.

Stefano fa in modo che il team italiano di Trivago e tutta la piattaforma dedicata al Belpaese funzionino al meglio: "Il nostro - spiega - non è un sito per prenotare, ma solo la porta di accesso a quasi 800mila hotel. È fondamentale quindi che l'infrastruttura offra agli utenti un'esperienza semplice e aderente al bisogno di ciascuno".

Coordina un gruppo di 28 connazionali che come lui hanno abbandonato il nostro paese per sfruttare le opportunità offerte da un'azienda giovane (perché nata nel 2003 dall'idea dei tre startupper, Rolf Schrömgens, Peter Vinnemeier, Malte Siewert, e perché l'età media è di 27 anni) e in piena espansione. "Noi italiani siamo tanti e portiamo qui la nostra ottima preparazione universitaria. Ci manca magari quella mentalità orientata al business che hanno quei colleghi 22enni che arrivano da altri paesi europei e che io chiamo con un po' di invidia 'ragazzini terribili', ma sulla visione d'insieme, sulla capacità di capire i problemi, sulla creatività e sul senso di responsabilità non ci batte nessuno".

Nel quartier generale di Trivago la contaminazione tra popoli e culture si vede e si respira subito: le scrivanie dei 400 dipendenti divisi tra quattro sedi (oltre Düsseldorf, Palma di Maiorca, Shangai e Lipsia) sono decorate con le bandiere di 45 nazioni differenti e giapponesi, tedeschi, spagnoli lavorano gomito a gomito miscelando tradizioni, stili, metodi differenti. Basta fare un giro nei corridoi per leggere, dipinto sulle pareti, lo sterminato elenco delle città dalle quali arrivano i lavoratori, insieme agli aggettivi e alle attrazioni che contraddistinguono ogni luogo.

"Mollare l'Italia - racconta Stefano - sembra molto difficile, ma dopo la prima settimana trascorsa il distacco è compiuto e puoi guardare avanti. L'azienda viene incontro ai neoassunti che arrivano dall'estero mettendo per i primi mesi a disposizione un residence. E quando hai trovato un alloggio tuo, vedi tutta la differenza con l'Italia: qui nessuno ha la smania di comprare casa, tutti sono in affitto e con 500 euro al mese riesci ad avere un monolocale, spese incluse. Con la stessa cifra a Roma o Milano pagheresti sì e no una camera, escluse le bollette".

E in ufficio ciascuno è messo nelle condizioni di dare il massimo: niente turni rigidi e cartellini da timbrare, si lavora per obiettivi da raggiungere su base annuale e sui quali si viene valutati, a dicembre, dal capo e dai colleghi. Le riunioni si fanno in salette tematiche (ce n'è persino una dedicata agli orologi a cucù e una che riproduce la cabina di una nave) oppure davanti a un thè caldo nella cucina che c'è a ogni piano. E a fine turno c'è ancora tempo per il corso di yoga, il torneo di calcetto oppure per vedere una partita della Coppa del Mondo insieme al collega della squadra avversaria.

Stefano quindi non ha ripensamenti: "Ho lasciato Montefiascone e Roma con mille rimpianti, ma so bene che in Italia non potrei mai lavorare in un ambiente altrettanto dinamico ed effervescente".