L'ex capoclan dei Casalesi, Antonio Iovine, parlando in videoconferenza al processo in corso a Santa Maria Capua Vetere (Caserta), ha nvitato "tutti quelli che mi sono stati vicini e hanno commesso questi reati assieme a me, a parlare con i magistrati". Iovine ha detto di aver compreso, fin dalla latitanza, che il gruppo criminale di cui era a capo "non aveva un futuro", convincimento che poi si è rafforzato nel corso della detenzione.
"Riflettevo sulla necessità di appartenere o meno a un clan che forse non esiste più", ha detto ancora al processo in cui, tra gli altri, risulta imputato anche l'ex sindaco di Villa Literno, Enrico Fabozzi. E ha sottolineato che il suo intento è quello di "spingere un poco tutti quanti a fare chiarezza e aiutare la magistratura a mettere fine, a cambiare la mentalità che c'è nelle nostre zone. Il clan dei Casalesi non esiste più, già prima della mia cattura avevo capito che era tutto finito".
Poi l'ex boss ha spiegato la sua decisione di iniziare a collaborare "per spingere anche gli altri a farlo. Prima di rilasciare un verbale ne ho parlato con le guardie carcerarie". Su Fabozzi ha raccontato: "Mio cugino Paolo Caterino mi disse che c'era stato un incontro tra Nicola Ferraro ed Enrico Fabozzi per quanto riguarda gli appalti e che Fabozzi voleva per lui il 5% sulla somma". A quel punto la difesa del consigliere regionale ha chiesto se avesse diretta conoscenza dell'incontro e lui ha replicato: "Io no. Me lo disse mio cugino Paolo Caterino, ma per dirmelo lui vuol dire che era sicuro".