Anche oggi nessuno è andato a trovare Zheng, né enti o associazioni, né cooperative di solidarietà. "Ma è giorno di festa... magari da domani", dicono speranzosi i medici dell'ospedale di Pieve di Coriano, da dove ieri è partito un appello affidato al quotidiano locale, la Gazzetta di Mantova, per una donna cinese quarantenne che da cinque anni è curata e assistita nella struttura cittadina, dimenticata dai familiari.
Zheng, questo almeno pare il suo nome perché la sua identità si è riusciti a ricostruire a fatica, ora sta un po' meglio e potrebbe essere dimessa. Solo che nessuno può, o vuole, sostenere le ingenti spese di dimissione e di rimpatrio. Renato Schiavello, direttore sanitario dell'ospedale di Pieve di Coriano, piccolo comune di un migliaio di abitanti ad una quarantina di chilometri da Mantova, si è messo in contatto con l'Asl, con la Croce Rossa e con il consolato cinese senza ottenere nulla. Per questo non gli è rimasta che l'ultima arma dell'appello per smuovere istituzioni e coscienze, dopo aver reso il caso di dominio pubblico. "Ho chiesto alle associazioni di volontariato e a quelle umanitarie, alle istituzioni di aiutarci a trovare una soluzione ma finora, pero', nessuna risposta", spiega.
"Oggi è giorno di festa, ma speriamo che da domani arrivi qualche aiuto...", aggiunge Sonia Ghidini, responsabile del settore continuità delle cure del nosocomio mantovano. "Certo - osserva con amarezza - di aiuto esterno finora ne abbiamo trovato poco. Ci siamo rivolti ad un istituto religioso di suore ma la signora, essendo non autosufficiente, ha bisogno di essere accudita in tutto e per tutto. Ci siamo rivolti al consolato cinese ma anche qui non abbiamo ricevuto alcuna disponibilita'". E cosi', l'ospedale continuerà, non si sa ancora per quanto tempo, ad occuparsi di Zheng, confidando nel buon cuore del personale medico e infermieristico.
La storia risale indietro nel tempo. Tutto comincia nella primavera del 2009 quando la donna viene ritrovata incosciente in una casa di San Giacomo delle Segnate, sempre nel mantovano, colpita da un ictus. Quando arrivano i soccorritori avvertiti da una telefonata anonima, con lei non c'è nessuno; è priva di documenti e nemmeno il Comune riesce a fornire le generalità. Probabilmente è una clandestina. Dopo lunghe traversie, diversi ricoveri tra Verona e Mantova, la donna si ristabilisce, ma senza essere in grado di esprimersi. Viene cosi' adottata da medici e infermieri dell'ospedale che le portano indumenti, le garantiscono assistenza e, soprattutto, sostegno morale nella solitudine della sua malattia. Per quattro anni nessuno ne denuncia la scomparsa o si presenta in ospedale in cerca di sue notizie.
Lei riesce solo a farfugliare un nome, in un dialetto cinese incomprensibile persino all'interprete cui si è rivolto l'ospedale: un nome che assomiglia a Zheng. Qualche mese fa attraverso un cinese venuto a trovarla in ospedale, e che ha lasciato un numero di telefono intestato ad un italiano residente a Bagnolo Piemonte, si riesce a risalire al figlio della donna che abita nel villaggio di Longao, zona rurale e molto povera della Cina. Il figlio scrive una lettera all'ospedale spiegando che vorrebbe trasportare la madre in Cina, ma non ha i soldi per farlo e nemmeno per garantirle l'assistenza continuativa in una struttura adeguata, in Cina tutte a pagamento. I Comuni di Pieve e di San Giacomo non hanno voluto iscriverla alla loro anagrafe perché, una volta dimessa, si dovrebbero sobbarcare le spese di assistenza, con tutti gli arretrati (e sono decine di migliaia di euro). E allora a Zheng finora ha pensato l'ospedale di Pieve, che fa capo all'Azienda Carlo Poma di Mantova. "Lo abbiamo fatto attraverso varie deroghe - dicono ora i responsabili - Ma non potremo farlo in eterno".