Un'impresa italiana su cinque è stata costretta a licenziare a causa dei ritardi nei pagamenti. A dirlo è la Cgia di Mestre, il cui segretario, Giuseppe Bortolussi, sottolinea come, benché il dato sia "inferiore a quello registrato nei principali paesi Ue, è drammatico che in l'Italia, con un tasso di disoccupazione verso il 13%, molte aziende siano costrette ad espellere una parte del personale perché non vengono pagate con regolarità".
Purtroppo, sostiene la Cgia, che per il proprio studio ha elaborato dati Intrum Justitia relatici a un'indagine effettuata nel primo trimestre 2014, "continuiamo a essere i peggiori pagatori d'Europa". E se mediamente la Pubblica amministrazione "paga le imprese a 165 giorni (+ 107 giorni rispetto la media europea)", nei rapporti commerciali tra imprese "ci vogliono 94 giorni affinché il committente saldi il proprio fornitore (+ 47 giorni rispetto la media Ue)". E anche nei rapporti tra cittadini e imprese, "la situazione rimane difficile: sono necessari mediamente 75 giorni per essere definitivamente pagati (41 in più della media Ue)".
In tutti e tre i casi, sottolinea l'associazione mestrina, "nessun altro Paese d'Europa fa peggio di noi: si pensi che nel rapporto tra Pubblica amministrazione e imprese in Bosnia i pagamenti avvengono in 41 giorni, in Serbia in 46 e in Grecia in 155".
E la situazione è ancor più preoccupante analizzando l'andamento dei tempi medi di pagamento registrati nei sei anni di crisi economica: "Nel confronto tra l'Italia, la Francia, la Germania e la Gran Bretagna - rileva la Cgia - solo da noi si sono allungati i giorni necessari affinché il committente saldi il pagamento al proprio fornitore. Se tra privati (vale a dire cittadini/famiglie) e le imprese l'aumento è stato di 5 giorni, nelle transazioni commerciali tra imprese è salito di 6. Drammatica, invece, la situazione nei rapporti tra Pubblica amministrazione e i propri fornitori: i pagamenti si sono allungati di ben 37 giorni, sebbene dal 2011 la nostra Pa abbia cominciato a migliorare la sua performance".
Per Bortolussi "le lungaggini burocratiche, il cattivo funzionamento degli uffici pubblici, i vincoli economici legati al Patto di stabilità interno, l'abuso di posizione dominante del committente e la mancanza di liquidità sono alcune delle motivazioni che consegnano al nostro Paese la maglia nera nella correttezza dei pagamenti. Nonostante dal 1° gennaio 2013 la legge stabilisca che il pubblico deve pagare entro 30/60 giorni, e i privati tra i 60 e i 90 giorni, queste disposizioni continuano a essere palesemente inapplicate, con ricadute molto pesanti soprattutto per le piccole imprese che dispongono di un potere contrattuale molto limitato".