Angelo Frigeri, l'uomo fermato e accusato della strage familiare di Tempio Pausania in Gallura, ha ammesso di aver collaborato materialmente all'omicidio dei coniugi Azzena e del figlio Pietro, di soli 12 anni. La confessione è avvenuta durante gli interrogatori in cui però Frigeri ha spesso cambiato versione, contraddicendosi più volte sia sui luoghi del delitto che sulla partecipazione di altre persone.
Le incongruenze durante gli interrogatori - Davanti agli investigatori e agli inquirenti, Frigeri ha raccontato più volte quanto accaduto nella casa dove è avvenuta la strage: in un caso ha detto di essere stato minacciato e costretto ad aprire la porta a chi poi avrebbe sterminato l'intesa famiglia Azzena; in un altro di essere stato costretto a ripulire la scena del crimine e in un altro ancora di aver collaborato con gli assassini a uccidere padre, madre e figlio, di aver quindi partecipato materialmente al delitto.
Verificare tutte le versioni - I carabinieri stanno valutando attentamente tutte le dichiarazioni rilasciate da Frigeri per metterle in correlazione con gli elementi recuperati all'interno dell'abitazione in cui la famiglia è stata barbaramente uccisa. L'obiettivo è quello di verificare quale fra tutte le versioni fornite dall'operaio tuttofare sia quella effettivamente attendibile. Anche se già questa mattina il capo della Procura di Tempio, Domenico Fiordalisi, aveva chiarito che l'uomo ha "formalmente confessato, pur fornendo versioni parzialmente mutevoli".
In serata nuovo interrogatorio: "Provo rimorso" - Frigeri è stato nuovamente sentito a Tempio in serata. Nessuna confessione fiume ma solo l'ammissione di provare rimorso, poi il silenzio. L'uomo, assistito dal suo nuovo legale, Gianfranca Sotgiu, si è comunque avvalso della facoltà di non rispondere sui fatti specifici contestatigli dal pm Angelo Beccu, titolare dell'inchiesta, e dal procuratore Domenico Fiordalisi.