In Thailandia l'esercito ha decretato la legge marziale e la censura dei media, ai quali "è fatto divieti di riportare o diffondere notizie o immagini dannose per l'interesse nazionale". E 10 canali televisivi accusati di "distorcere l'informazione" e "aggravare il conflitto" sono stati spenti. Il Paese asiatico è al centro di nuove proteste e disordini dopo la recente destituzione della premier Yingluck Shinawatra.
I manifestanti pro-governativi radunatisi in un quartiere di Bangkok affermano di essere stati "circondati" dai militari, che sono stati dispiegati per le strade del centro di Bangkok. Soldati armati e veicoli militari hanno preso posizione in particolare nei quartieri commerciali, alberghieri e nelle vicinanze delle stazioni tv.
Le forze armate hanno fatto sapere di voler "restaurare la pace e l'ordine pubblico", dopo i 28 morti e le centinaia di feriti degli ultimi scontri di piazza, e negano che l'iniziativa sia la premessa di un nuovo colpo di stato (l'esercito ne ha compiuto 18 dal 1932 a oggi). La settimana scorsa, in seguito a un attentato costato tre morti e una ventina di feriti, l'esercito thailandese aveva già minacciato d'intervenire "con tutte le forze" se la crisi politica non fosse rientrata.
L'ultimo intervento dei militari nel Paese risale al 2006, quando i soldati scesero in campo per rovesciare l'allora primo ministro Thaksin Shinawatra. Dal suo auto-esilio, Thaksin è poi rimasto il finanziatore del partito di governo; ma sua sorella Yingluck, diventata a sua volta premier, è stata destituita due settimane fa per abuso di potere dalla Corte costituzionale, in quello che i suoi sostenitori considerano un "golpe giudiziario". Nel frattempo non demorde nemmeno la protesta degli oppositori, con l'obiettivo di "estirpare il regime Shinawatra".
Stati Uniti e Giappone hanno intanto espresso preoccupazione per l'introduzione della legge marziale. Washington ha sottolineato che la democrazia non deve essere messa a rischio e che "tutte le parti in campo devono rispettare i principi democratici e garantire la libertà d'espressione", mentre Tokyo sollecita "con forza le parti interessate a dare prova di moderazione e a non usare la violenza".