Un paio di mutande affisse davanti alla finestra di casa e la scritta: "Ci sono rimaste solo queste". E' la particolare protesta di Roberto Virgini, 77enne di Recanati (Macerata) che, dopo aver contratto il coronavirus, a suo dire durante il ricovero nel reparto di cure intermedie dell'ospedale locale, dovrà versare all'azienda locale circa 2mila euro per la degenza dal 22 marzo al 6 maggio, che si è protratta proprio in seguito al contagio.
Intervistato dal QN, Virgini racconta la sua storia spiegando di aver già ricevuto una prima fattura di 427 euro per il pagamento di 10 giorni in più di ricovero fatta a marzo e di essere quindi in attesa delle fatture di aprile e maggio. La cifra che dovrà sborsare si aggira intorno ai 2mila euro.
Il pensionato e i suoi familiari non vogliono credere, che, oltre al danno subito, debbano anche pagare la retta di compartecipazione alberghiera in ospedale. La norma effettivamente prevede che il ricovero nel reparto cure intermedie, in un ospedale di comunità come quello di Recanati, sia gratuito nei primi 60 giorni, ma che dal 61esimo in poi si paghi all' incirca 42 euro al giorno, come se si soggiornasse in albergo.
Virgini era stato ricoverato il 22 gennaio per una patologia seria che non aveva nulla a che fare col Covid. Le sue dimissioni erano state programmate entro il 21 marzo. Solo che, nel frattempo, scoppia l'emergenza Covid, l'uomo viene sottoposto a tampone che risulta positivo. "A questo punto - racconta il 77enne - hanno allestito un apposito reparto solo per noi e lì ci hanno trattenuti in quarantena".
Durante la prolungata degenza l'uomo telefona più volte ad alcuni funzionari dell'azienda sanitaria locale. "Mi avevano assicurato -che per i malati Covid non sarebbe scattato il pagamento per i giorni in più di ricovero ma che si sarebbe applicata una specie di sanatoria. Poi, ecco invece la sorpresa - attacca Virgini -. mi è arrivata la prima fattura. Io non ritengo giusto pagarla, avendo preso l' infezione da Covid-19 all' interno dell' ospedale dove sono rimasto intrappolato. Come potevo far rientro a casa? Avrei infettato mia moglie e mio figlio".
Dopo mille tentativi, l'uomo si quindi è rivolto a un avvocato che ha già scritto all'azienda sanitaria locale, evidenziando come "il ricovero del suo assistito, oltre il 61esimo giorno, è unicamente dipeso dal fatto che egli ha contratto il Covid-19 certamente all' interno della struttura, dove appunto è stato ricoverato nei due mesi precedenti al contagio subito, e dunque per fatto imputabile alla medesima struttura". Il direttore dell'Area Vasta 3, Alessandro Maccioni, sta valutando il caso: "Se, allo scadere dei primi 60 giorni è stata cambiata la diagnosi del ricovero del paziente, naturalmente non pagherà nulla".