"Ferriera", il graphic novel racconta la fabbrica
Una figlia racconta il padre operaio: la memoria privata e familiare, delicata e poetica, si fa storia collettiva del lavoro e delle morti bianche. E diventa uno straordinario ritratto dell'Italia dagli anni '50 agli anni '70
Vedi storie dappertutto?”. "Non posso farne a meno, papà". Pia Valentinis, illustratrice di libri per ragazzi di fama internazionale, sceglie la forma del graphic novel per tornare alle proprie radici. "Ferriera" (Coconino Press Fandango, 15,5 euro, 120 pagine ) è il racconto poetico della sua infanzia e adolescenza in una famiglia operaia di Udine. Ed è soprattutto la storia del padre Mario, orfano e già capofamiglia a 14 anni, emigrato in Australia dal 1960 al 1963 per guadagnarsi da vivere come bracciante agricolo, poi rientrato per lavorare in fonderia.
L'incubo degli incidenti sul lavoro e delle morti bianche sempre in agguato, le corse al Pronto Soccorso per un infortunio, la rabbia e le manifestazioni operaie, ma anche i tanti piccoli momenti felici di una vita raccontata attraverso gli oggetti e i dettagli: una copertina della Domenica del Corriere, una partita a carte, una gita a Venezia per la festa del Redentore, il viaggio per nave e i duri anni da migrante in Australia, il primo incontro con la futura moglie Clelia in un bar, davanti alla tv che trasmette "Lascia o raddoppia”, lo stipendio da 100mila lire, la visita del vescovo in fabbrica e il manifesto di Berlinguer... fino ad arrivare all'oggi.
Oggi la fabbrica non c'è più, e al suo posto è stato costruito un mega-centro commerciale. Con un'economia di parole che diventa poesia, con il suo segno fitto di tratteggi, elegante e raffinato tra Edward Gorey e i graffiti, Pia Valentinis rende omaggio al padre. E attraverso il ricordo familiare, procedendo per frammenti, compone il mosaico di un'intera Italia appena ieri fatta di gente semplice, pulita, dignitosa. Un grande romanzo disegnato, sulla scia della letteratura italiana che racconta il lavoro da Volponi, Ottieri e Bernari fino al recente bestseller Acciaio di Silvia Avallone. "Ricordo il suo odore come un misto di sudore, stanchezza, vino, Nazionali senza filtro, metallo arroventato e fumo oleoso”. "Le chiamano morti bianche. Vuol dire che nessuno è direttamente responsabile”. "Succede che i pezzi del mio quotidiano entrino nelle storie e si mescolino con loro. Guardo quasi sempre prima di disegnare: non invento niente".
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