Va in scena dall'8 al 25 maggio, al teatro Manzoni di Milano, "Trappola mortale", celebre piece di Ira Levin dove si mescolano thriller e commedia. Protagonisti sono Corrado Tedeschi, Ettore Bassi e Miriam Mesturino, diretti da Ennio Coltorti che ha curato anche l'adattamento. "Nessuno in questo testo dice mai la verità - dice Corrado Tedeschi -, i veri protagonisti sono avidità e sete di successo: ciò che serve per far strada oggi in Italia".
Chiusura di alto livello per la stagione di prosa del teatro milanese. "Trappola mortale" è uno dei testi di maggior successo di sempre nel suo genere. Andato in scena a Broadway per la prima volta nel 1978, vi è rimasto per cinque anni consecutivi. Nel 1982 è stato anche trasposto in una versione cinematografica diretta da Sidney Lumet con Michael Caine e Christopher Reeve protagonisti. Non è la prima volta che approda sui nostri palcoscenici: 25 anni fa una fortunata edizione, con Paolo Ferrari protagonista, rimase in cartellone per tre stagioni. Regista allora, come oggi, era Ennio Coltorti. "Fu un successo enorme, e ho accettato di riprenderla solo perché c'erano le giuste condizioni produttive. Si poteva fare solo una cosa di alto livello, e così è stato, a dispetto del momento di crisi che stiamo vivendo".
Il testo è stato adattato per togliergli un filo di patina del tempo. Per esempio le ormai in disuso macchine da scrivere sono state sostituite da computer, smartphone e quant'altro. L'aspetto tecnico dello spettacolo è tutt'altro che secondario. "Era fondamentale che tutto fosse perfetto - dice Tedeschi -. La scenografia è personaggio della storia, ogni singolo elemento viene utilizzato e diventa importante".
Ettore Bassi aveva qualche dubbio sulla reazione del pubblico, dal momento che il thriller in Italia è un genere che in teatro ha sempre avuto vita difficile. "Ogni dubbio stato fugato grazie a un testo che è un meccanismo perfetto - spiega -. Anzi, in teatro è la condizione ideale perché senti il pubblico che ti segue passo passo". Un meccanismo perfetto che è stato oliato nel corso di lunghe prove ("50 giorni, di cui 20 di tavolino' - spiega Coltorti - perché è un giallo psicologico e gli attori dovevano approfondire il background delle battute") e chi si appoggia sulla professionalità del cast. "Oggi come oggi a un regista non vengono proposti attori - si lamenta Coltorti -, ma personaggi. In questo caso abbiamo potuto realizzare un lavoro adeguato perché avevamo degli attori veri".
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