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Cos’è e come si calcola il Prodotto interno lordo (PIL)?

Questo indicatore macroeconomico, sinonimo del benessere di una nazione, si trova spesso al centro del dibattito politico

Il PIL, l'acronimo che indica il Prodotto interno lordo, è il valore di tutti i beni e i servizi realizzati in un Paese in un determinato periodo di tempo e rappresenta la ricchezza che un sistema economico riesce a produrre. Nel calcolo sono compresi i prodotti che derivano da un processo di vendita o di scambio, mentre sono esclusi quelli concepiti a scopo di autoconsumo o resi a titolo gratuito. I beni e i servizi che vengono presi in considerazione sono realizzati entro i confini nazionali, indipendentemente dalla nazionalità del soggetto produttore. Esistono tre diverse metodologie per calcolare il PIL. È importante specificare che tutte portano allo stesso risultato, ma ognuna permette di analizzare componenti diverse. Le passiamo in rassegna per rispondere alla richiesta che è arrivata dal nostro lettore Giulio Dalbosco che ci ha chiesto su questo argomento una news on demand.

Metodo della spesa - Come anticipato, questo valore è determinato da un processo di scambio, dove si trovato un soggetto che acquista e un altro che vende. Con questo metodo il PIL viene esaminato dal punto di vista della domanda, ovvero da chi spende un prezzo per comprare un bene o un servizio, quindi vengono sommati i consumi (spesa delle famiglie in beni durevoli, beni di consumo e servizi), gli investimenti (spesa delle imprese e delle famiglie in beni strumentali e immobili), la spesa pubblica (spesa dello Stato e amministrazioni pubbliche) e infine le esportazioni nette (differenza fra esportazioni e importazioni).

Metodo del valore aggiunto - Per valore aggiunto si intende la differenza tra il ricavo ottenuto dalla vendita di un prodotto e i costi sostenuti per realizzarlo. Infatti, se il PIL viene esaminato dal lato dell’offerta, cioè da chi vende un determinato prodotto, si può notare che per arrivare alla vendita sono state compiute una serie di operazioni che hanno aggiunto valore al bene o al servizio finale, come l’acquisto di beni intermedi (materie prime o semilavorati) o l’impiego di fattori produttivi (forza lavoro e beni strumentali). Sommandoli insieme si otterrà il PIL.

Metodo dei redditi - Questo criterio somma i fattori di produzione impiegati per arrivare al bene o al servizio finale. Sono essenzialmente la forza lavoro e il capitale finanziario impiegato, che vanno remunerati con stipendi e profitti. Inoltre devono essere comprese nel calcolo anche le tasse sulla produzione e l’IVA (remunerazione per lo Stato a fronte dei servizi che garantisce), al netto dei contributi alla produzione. Recentemente si è stabilito di aggiungere al calcolo anche il contributo dell’economia sommersa e dei redditi che essa genera.

Secondo le componenti della formula, si può dedurre che un aumento del PIL non sempre ha un significato positivo. Per esempio quando il dato dei consumi è in calo e la spesa pubblica è proporzionalmente in aumento, il PIL risulterebbe migliore ma il diminuire dei consumi in realtà è sintomo di una riduzione della ricchezza delle famiglie, che può dipendere dall’abbassamento di salari o dall’aumento dell’inflazione.

Il PIL è la variabile più importante nelle decisioni politico-economiche. Il dibattito di analisti ed esperti da sempre si concentra sulle analisi del suo andamento passato e le stime sulle sue evoluzioni future. Il valore italiano per il 2019 si è attestato sui 1.787,7 miliardi. I rapporti tra PIL, deficit e debito pubblico sono fondamentali per i Paesi dell’Unione europea, che si sono impegnati a rispettare certi parametri al fine di garantire la convergenza dei conti pubblici e rendere solida l’unione economica e monetaria.

Articolo realizzato in collaborazione con il master biennale in giornalismo della IULM, contenuto a cura di Alessia Conzonato.

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