"L'Italicum sarà approvato al Senato dopo il via libera alla riforma del bicameralismo. Ci sono state modifiche positive al testo, ma in alcuni casi non sufficienti". Così Matteo Renzi alla direzione Pd annunciando l'esame delle riforme costituzionali lunedì in Cdm. "Per noi è un valore fare una legge con altri e per modificarla bisogna fare uno sforzo insieme", ha aggiunto il premier. "Proporrò Guerini-Serracchiani vicesegretari", ha poi affermato.
"Le proposte di Debora Serracchiani e di Lorenzo Guerini sono per me un elemento di garanzia, non di polemica interna, come mi è capitato di leggere", ha chiarito. "Non ho intenzione di gestire il partito come avanza-tempo - ha detto -. Se le altre aree hanno voglia di confrontarsi noi siamo pronti. Per questo non presento una ipotesi di segreteria. Lascio a Guerini e Serracchiani di verificare. Se si preferisce aspettare il passaggio di luglio, noi abbiamo disponibilità e nel frattempo andiamo avanti con una struttura di segreteria".
Poi, Renzi è passato al Jobs Act: "Leggo discussioni e ultimatum sul lavoro, che capisco poco. Non è una parte a piacere, il pacchetto sta insieme", ha spiegato, ribadendo: "Contratti a termine e l'apprendistato sono due punti intoccabili della nostra proposta". Sul cuneo fiscale ha proseguito: "Faremo tagli non con un'operazione in burocratese puro, ma tagliando a quelli che prendono 1.300 euro e una volta erano ceto medio. E' un pezzo di popolazione cui cerchiamo di restituire un po' di fiato".
Durante il suo discorso alla direzione nazionale, il presidente del Consiglio ha ironizzato sulle difficoltà della macchina dello Stato: "Viviamo in un Paese che per sapere i numeri di alcune voci di bilancio si apre un dibattito tra i dirigenti statali... Mi aspetto che si apra un collegamento con Pagnoncelli che dà una previsione. Noi dobbiamo forzare un sistema burocratico fermo". Sul taglio dell'Irpef, nessun dubbio invece: "E' una Quattordicesima: non è mai successo prima, non c'è mai stato un contratto o un accordo sindacale che ha dato così tanti soldi in busta paga. Ma c'è bisogno di un Paese che sia coerente con se stesso".
Sulle elezioni di maggio, ha ribadito: "Abbiamo due mesi per vincere le amministrative e abbiamo il compito di portare nel Parlamento Ue delle persone che desiderino cambiare l'Europa. Sarebbe un errore andare a mettere degli specchietti per le allodole a guidare le liste". "Non esiste - ha chiosato - che alle europee ci sia il nome del segretario sul simbolo". "Il Pd oggi ha una grande responsabilità: è il motore del cambiamento. Ha messo in moto un cantiere di cambiamento che suscita aspettative e speranze". "Nei comuni, nelle piazze c'è l'aspettativa che finalmente le cose si facciano davvero" e sarebbe "letale se la fiducia fosse tradita". Il Pd dovrà fare "un lavoro pancia a terra per affrontare i provvedimenti in Parlamento e fare la campagna elettorale".
La direzione del Pd ha quindi approvato la relazione di Renzi con 98 voti favorevoli, 12 contrari e 8 astenuti. "Oggi il ruolo del Pd non è stupire l'opinione pubblica con effetti speciali ma con effetti normali. Stiamo riducendo i costi della politica e il potere della cattiva politica. Potevamo stupirvi con effetti speciali, ma stiamo facendo le cose più semplici e banali", ha commentato il premier dopo la votazione.
Ecco chi ha votato contro - I 12 voti contrari sono stati espressi da Pippo Civati e dagli esponenti a lui vicini Elly Schlein, Paolo Cosseddu, Marco Sarracino, Beatrice Brignone, Annapaola Cova, Samuele Agostini, Andrea Ranieri, Maria Carla Rocca, Rita Castellani, Marina Terragni, Enzo Martines, Thomas Castangia. Le 8 astensioni sono arrivate da esponenti dell'area Cuperlo come Nicola Stumpo, Davide Zoggia, Alfredo D'Attorre, Guglielmo Epifani, Francesco Verducci, Michela Campana, Barbara Pollastrini. Altri membri della Direzione non hanno invece partecipato alla votazione: tra questi Stefano Fassina, Francesco Boccia e Enza Bruno Bossio.
Civati: "Relazione invotabile" - Capofila dei contrari alla relazione è stato Pippo Civati: "Era invotabile, per questo abbiamo votato contro. Non si poteva votare qualcosa che metteva insieme di tutto. Ma dico anche che non si può tenere sempre un partito sul filo con degli ultimatum, così non si fa. Non mi piace questo metodo. E' già successo per la legge elettorale".
Serracchiani getta acqua sul fuoco - "Non c'è nessuna guerra interna nel Pd, voglio essere chiara. Siamo un partito che si è preso la responsabilità di votare al suo interno ogni punto, oggi abbiamo votato sul lavoro". Lo ha detto Debora Serracchiani lasciando la sede del partito. I cronisti hanno chiesto alla governatrice del Friuli (e vicepresidente in pectore del partito) un commento sui giudizi negativi alla riforma del lavoro da parte della minoranza interna: "E' una riforma che deve piacere soprattutto ai cittadini", ha risposto la Serracchiani.