Nel cuore verde dell'Abruzzo, tra i parchi del Gran Sasso e della Maiella, c'è una bomba ecologica che minaccia la Regione. Una discarica di veleni, la più grande d'Europa, che negli anni, su 30 ettari di terreno, ha accumulato oltre 250mila tonnellate di rifiuti tossici e scarti industriali. Siamo a Bussi sul Tirino, nel Pescarese.
La vicenda non è nuova e i primi tentativi di bonificare la zona, scrive Repubblica, risalgono a 42 anni fa. Solo nel 2007, però, il polo chimico di Bussi, ex Montedison, passato poi alla francese Solvay, è stato chiuso. Diciannove persone, responsabili dell'ex colosso chimico, sono a processo per disastro corposo e avvelenamento delle acque, mentre altre otto, dirigenti dell'azienda francese, sono state iscritte nel registro degli indagati.
La speranza è che a breve possa partire la tanto attesa bonifica, con la riqualificazione dell'area. Secondo l'Ispra, che ha analizzato la situazione per il ministero della Salute, il danno ambientale è di 8,5 miliardi di euro e la bonifica potrebbe costare 600 milioni. Attesa anche la reindustrializzazione dello stabilimento. "Siamo d'accordo - commenta Legambiente -, ma si faccia un salto di qualità". La proposta è di realizzare un laboratorio delle bonifiche da replicare poi nel resto del Paese.