Geppy Gleijeses: 'L'importanza di chiamarsi Ernesto'

Geppy Gleijeses: 'L'importanza da chiamarsi Ernesto' a Firenze

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Il 5 ottobre del 1954 – quindi sessant'anni fa – a Roma, al Teatro Eliseo, debuttava la Compagnia Calindri-Zoppelli-Volpi-Masiero. La commedia rappresentata, per la regia di Mario Ferrero, era di Oscar Wilde e il titolo, fissato dopo qualche discussione, era “L'importanza di essere Franco”. 
La traduzione del titolo originale “The Importance of Being Earnest” ha sempre comportato scelte contrastate tra chi voleva conservare l'intraducibile gioco di parole inglese – identità di pronuncia tra earnest = onesto, serio, sincero, ecc., e Ernest = Ernesto, nome di battesimo di uno dei protagonisti; scelta che obbligava a trovare nella nostra lingua identità di significato tra aggettivo e nome proprio – e chi superava il problema traducendo earnest come se fosse Ernesto.

Io stavo per compiere quindici anni e ricordo con sufficiente chiarezza, Nel corso dell'allestimento dello spettacolo, nell'estate del 1954, vennero analizzate delle diverse possibilità, con Calindri il quale, chiamandosi Ernesto, non sarebbe stato scontento che la scelta cadesse sul nome del fantomatico fratello del personaggio John Worthing, interpretato da Franco Volpi.


L'orientamento fu di privilegiare l'identità di significato. Vennero scartati aggettivi/nomi come Onesto, Probo, ecc. e fu trovato in “Franco” quello che sembrò un giusto mix tra la trovata originale di Wilde e l'esigenza di avvicinarsi il più possibile al senso del suo gioco di parole. Forse val la pena di ricordare che in Francia, proprio nel 1954, il testo di Oscar Wilde fu rappresentato con traduzione e adattamento di Jean Anouhil, il quale decise per “Il est important d'être aimé”.


Masolino D'Amico, come traduttore, e Geppy Gleijeses, come regista e interprete, hanno optato per la soluzione classica di earnest=Ernesto; la commedia andrà in scena a Firenze, al Teatro della Pergola di Firenze, dal 1 al 6 aprile 2014. 
Naturalmente quello che conta, al di là del titolo, è la perfezione teatrale di quella che qualcuno ha definito "la più bella commedia mai scritta” nella quale, come scrive Brigitte Lascombe, "si ride… si ride… verde… di un humor nero che sgretola i pregiudizi".