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Il governo toglie il segreto di Stato sul caso Ilaria Alpi e Milan Hrovatin

A vent'anni dall'omicidio della giornalista e dell'operatore tv avvenuto in Somalia viene avviato l'iter per desecretare i documenti ufficiali. Forse presto si conoscerà la verità.

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Il governo ha annunciato in Aula alla Camera di aver avviato le procedure per la desecretazione dei documenti che riguardano il caso di Ilaria Alpi e Milan Hrovatin. Lo ha annunciato il sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento Sesa Amici, facendo riferimento alle richieste che ci sono state in questo senso nei giorni scorsi. Proprio oggi ricorre il ventennale della morte della giornalista e dell'operatore uccisi in Somalia.

Coinvolti i servizi segreti? - La morte della giornalista del Tg3 e del suo operatore sono uno dei tanti misteri italiani che potrebbero, con la decisione del governo, finalmente essere svelati. Sulla loro morte, infatti, è possibile che ci sia stato il coinvolgimento di pezzi dello stato. Fu un tentativo di rapimento finito in tragedia contro giornalisti scelti a caso o un agguato premeditato e mirato contro testimoni scomodi di traffici illeciti nella Somalia del post Siad Barre? Ecco la domanda, sempre la stessa, che divide magistratura e politica dal quel 20 marzo 1994, quando Ilaria Alpi e Miran Hrovatin furono freddati da un commando a Mogadiscio.

La domenica dell'omicidio - E' domenica, sono passate da poco le 14.30. Una Toyota attraversa la capitale somala, diretta verso l'Hotel Amana. A bordo la giornalista del Tg3 e il cineoperatore, in Somalia per seguire la missione Restore Hope, dove sono impegnati militari italiani. Sono appena tornati dal nord del Paese, dove hanno incontrato il sultano del Bosaso. Alpi e Hrovatin - dirà poi l'inchiesta - hanno saputo di fatti e attività scottanti, connessi con traffici illeciti di armi e rifiuti di vasta proporzione. A poca distanza dall'albergo da una Land Rover scendono diverse persone armate, almeno sette, e fanno fuoco. Un proiettile di kalashnikov colpisce alla tempia Ilaria Alpi, una raffica raggiunge Hrovatin. Gli aggressori scappano subito.

Le inchieste finite nel nulla - Cominciano vent'anni di inchieste e duri scontri, nella procura romana e non solo. Agli albori dell'indagine finisce sotto inchiesta il sultano del Bosaso come mandante, ma non si trovano riscontri. Oltre al movente, il dubbio avvolge anche la dinamica, dopo colpevoli ritardi nell'acquisizione di documenti e referti. Si susseguono perizie contraddittorie, che avvalorano ora la tesi dell'esecuzione, ora quella del colpo sparato da lontano. Le indagini finiscono poi per incentrarsi su Hashi Omar Hassan, arrivato a Roma per testimoniare sulle presunte violenze di militari italiani ai danni della popolazione somala. Arrestato e rinviato a giudizio, Hassan viene assolto in primo grado, condannato all'ergastolo in appello e quindi a 26 anni definitivamente in Cassazione.

Scatta l'inchiesta bis per identificare gli altri componenti del commando e chiarire i motivi dell'omicidio, senza risultati. Il gip Emanuele Cersosimo respinge la richiesta di archiviazione del pm Franco Ionta e sostiene la tesi dell'omicidio su commissione. Nel 2010 la notizia della possibile riapertura del processo: Ali Rage Ahmed detto 'Gelle', il principale accusatore di Hassan, rischia l'imputazione per calunnia. La madre di Ilaria Alpi, Luciana, continua a sostenere che l'unico condannato per l'omicidio sia in realtà un capro espiatorio.

Ventiquattro ore dopo l'agguato Ilaria Alpi sarebbe dovuta tornare in Italia. C'è tornata cadavere, lasciando in eredità non solo tanti misteri, ma anche la passione per il giornalismo e la ricerca della verità. Un premio a lei dedicato si svolge ogni anno a Riccione, insieme a tanti altri minori. Un film, Ilaria Alpi-Il più crudele dei giorni, tante canzoni e libri. E poi ancora, strade, parchi, scuole a lei dedicati, persino una nuova specie di mammifero e un fiore portano il suo nome.

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