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Enrico Rava a Bergamo Jazz

Si racconta a Jazz Meeting

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Grande attesa per l'edizione 2014 di "Bergamo Jazz", anche quest'anno con la direzione artistica di Enrico Rava, uno dei jazzisti italiani più apprezzati nel mondo, che tre anni fa si è gettato in questa nuova avventura con l'entusiasmo di un 20enne. Giovedì 20 marzo si inizia con il concerto di "The Bad Plus” con Ethan Iverson al piano, Reid Anderson al contrabbasso e Dave King alla batteria, nella suggestiva cornice del Teatro Sociale. Enrico Rava ospite questa settimana a "Jazz Meeting", traccia un primo bilancio della direzione artistica di un festival che ha sempre grande eco, giunto alla sua XXXVI edizione.

"Un'esperienza piacevole, - dice Enrico - , mi sono divertito ad inserire nel cartellone, spettacoli dove io sarei andato come spettatore, quindi in questi tre anni le mie scelte di direttore artistico sono state come quelle di un ascoltatore, con dei gusti precisi, con la curiosità da parte mia di fare un festival con artisti poco conosciuti, come è avvenuto lo scorso anno con Peter Evans, che ha conquistato sia il pubblico che la critica".

Anche in questa edizione non mancano le novità...
Si, infatti c'è un altro trombettista molto interessante come Nate Wooley, che suonerà con il suo quintetto sabato alle 17 o ancora il gruppo della pianista Myra Melford, di scena venerdì al Teatro Donizetti alle 21, poi un grande evento come quello di Dave Douglas sabato 22 marzo, dopo il concerto di Gianluca Petrella, con ospite Tom Harrell, due tra i massimi rappresentanti della tromba. Dave è il trombettista moderno, mentre Tom appartiene alla generazione precedente, spero che vederli suonare insieme sia piacevole per il pubblico di “Bergamo Jazz”. Due musicisti che si stimano a vicenda e che rappresentano epoche diverse del jazz.

Com'è cambiato il festival secondo te in questi anni?
Conosco “Bergamo Jazz” da molto tempo, suonai qui per la prima volta come musicista invitato alla fine degli anni '70, successivamente sono tornato nelle edizioni successive, assistendo ad un notevole cambiamento generazionale, una sorta di "specchio" della scena, che negli anni è cambiata completamente. Ho solo un piccolo rimpianto: non essere riuscito, almeno per il momento, a portare Wayne Shorter, sassofonista dei Weather Report, uno dei massimi interpreti al mondo del suo strumento.

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