Valentina e Fabrizio sono una coppia come tante in cerca di un figlio. Lei, 28 anni, ha una malattia genetica rara, ma, in base alla legge 40, non ha accesso alla fecondazione assistita e alla diagnosi pre-impianto. E' rimasta incinta e ha scoperto che la bambina che aspettava era malata. Ha così deciso di abortire. "Ma sono stata lasciata sola", denuncia la donna. L'Asl smentisce: "Seguita da due medici".
"Mi sono ritrovata ad abortire al quinto mese sola come un cane. Abbandonata in un bagno a partorire un feto morto, con il solo aiuto di mio marito", dice in un'intervista al quotidiano La Repubblica. "Tutto questo per colpa di una legge sulla fecondazione ingiusta, di medici obiettori, di uno Stato che non garantisce assistenza", aggiunge.
"A me questa legge ingiusta concede solo solo di rimanere incinta e scoprire, come poi è avvenuto, che la bambina che aspettavo era malata. Lasciandomi libera di abortire, al quinto mese, praticamente un parto". Valentina racconta la sua esperienza negli ospedali con i medici obiettori: "Scopro che la mia ginecologa, lo è e si rifiuta di farmi ricoverare. Riesco dopo vari tentativi ad avere da un'altra ginecologa il foglio di ricovero in ospedale".
Da lì inizia il suo calvario. Il 27 ottobre 2010 entra in ospedale per abortire. "Dopo 15 ore di dolori lancinanti, tra conati di vomito e momenti in cui svengo, partorisco dentro il bagno dell'ospedale. Accanto a me c'è solo mio marito. Mentre ero lì, ad abortire a fianco delle neo mamme, stravolta dal dolore, entravano degli attivisti anti aborto con voci minacciose".
La donna ha poi fatto ricorso perché anche chi ha malattie genetiche possa accedere alla fecondazione assistita, alla diagnosi pre-impianto. Il tribunale ha sollevato dubbi di costituzionalità su questo punto della legge 40. "Forse anch'io potrò diventare madre", spera Valentina.
L'Asl smentisce: "Seguita da due medici" - "La coppia è stata seguita da due medici non obiettori. E l'espulsione del feto è avvenuta nella stanza di degenza". E' quanto rende noto l'Asl Roma B che smentisce la ricostruzione resa dai due protagonisti della vicenda.
"Dalle verifiche risulta che la signora Valentina è stata seguita dal personale che ha l'obbligo dell'assistenza anche nel caso di obiezione di coscienza. Pur comprendendo il disagio dovuto al lungo periodo di travaglio si fa presente che la rapidità della fase espulsiva del feto, avvenuta nella stanza di degenza alle ore 3 della notte, è un evento assai comune per il periodo gestazionale", si legge in un comunicato diramato dall'Azienda sanitaria locale.